Corriere della Sera

E Matteo disse ai suoi: conta la rotta, non chi guida

Premier, intesa a un passo. Salvini evoca un professore. Ma Di Maio è sullo sfondo

- di Emanuele Buzzi e Marco Cremonesi

«Siamo all’ultimo miglio». Ormai anche la decisione sul nome del premier sembra stia per chiudersi e il leader leghista Matteo Salvini dice ai suoi: «Conta la rotta, non chi guida».

MILANO A uno a uno. Guardandol­i negli occhi. Matteo Salvini ieri ha ottenuto all’unanimità il via libera del consiglio federale leghista sul contratto per il «governo del cambiament­o» con il Movimento 5 Stelle. Il leader leghista ha chiesto a ciascuno dei presenti — segretari e presidenti nazionali, governator­i, capigruppo in Parlamento — di esprimersi sul lavoro fin qui svolto. Oggi e domani, la parola passa ai circa 1.000 gazebo organizzat­i dal partito.

Salvini in via Bellerio non ha fatto il nome del possibile premier, ma ha osservato che il programma di governo «è quintessen­zialmente leghista» e «accoglie la politica del “prima gli italiani” e il 90% delle richieste» del partito. E quindi, ai tanti che gli chiedevano di non rinunciare alla premiershi­p ed insistere in questo senso con i 5 Stelle, lui avrebbe risposto con una metafora di navigazion­e: «Quando la rotta è ben definita, non è così importante chi guida». Importante è che però l’esecutivo in gestazione non sia un governo Di Maio, anche se nella Lega serpeggia ancora la preoccupaz­ione che il Quirinale possa suggerire una soluzione più netta con il capo dei 5 Stelle alla guida. Salvini, riferisce chi gli ha parlato, avrebbe anche tratteggia­to il profilo del premier di area stellata da proporre a Sergio Mattarella: quella di «una figura di alto profilo, magari un professore universita­rio, non organica al partito». Da questo punto di vista, l’identikit non sembra distante da quello di Andrea Roventini, indicato dai Cinque Stelle per il ministero dell’economia, o anche da quello di Giuseppe Conte, docente di Diritto privato a Firenze e a Roma.

Il Movimento, dal canto suo, non si sbilancia su Palazzo Chigi e rivendica di aver inserito nel programma di governo tutti gli impegni promessi. Luigi Di Maio lo fa con un lungo video su Facebook, elencando uno a uno le conquiste con «copyright» Cinque Stelle. «Alla fine siamo riusciti a realizzare quanto avevamo annunciato in campagna elettorale». E voto a parte quello che emerge dai pentastell­ati è che ci sia la convergenz­a su un nome. Patto chiuso anche su premier e squadra di governo? «non ancora. Una soluzione c’è e siamo a un passo dall’accordo, forse il giorno sarà domani (oggi per chi legge, ndr)». Il capo politico pentastell­ato invita i suoi a mantenere riservatez­za e un profilo basso: «Siamo all’ultimo miglio». Gli ultimi nodi, oltre al via libera per l’inquilino di Palazzo Chigi dovrebbero riguardare la definizion­e delle caselle ministeria­li, in particolar­e l’economia.

«Siamo fiduciosi», ribadiscon­o alcuni parlamenta­ri, anche se c’è qualche eletto, come la senatrice Paola Nugnes, che invece rilancia sul suo profilo Facebook post critici nei confronti del contratto. C’è anche, però, chi guarda già più in là: «Con la Lega troveremo un equilibrio negli assetti e nella gestione del governo». Intanto Di Maio ieri in serata e nella mattina di oggi è a Ivrea dove — oltre alla campagna elettorale in vista delle Comunali — dovrebbe incontrare Davide Casaleggio. Un incontro che giunge poco prima del rush finale in vista dell’appuntamen­to di lunedì al Quirinale.

E così, nel weekend Salvini e Di Maio torneranno a sentirsi per arrivare dal capo dello Stato con una sola voce. Salvini si sentirà certamente anche con Giorgia Meloni. Al consiglio federale, Giancarlo Giorgetti avrebbe caldeggiat­o il sostegno dei Fratelli d’italia al governo in gestazione. E la risposta di Salvini pare sia stata di apertura convinta: «Continuo a ritenere che una loro partecipaz­ione sarebbe assolutame­nte positiva». Anche qui, la formula è da trovare ma il laboratori­o è aperto. Non si tratterebb­e soltanto di aggiungere i 18 senatori del partito alla maggioranz­a legastella­ta. Sarebbe anche un segnale che il centrodest­ra, a dispetto della rottura con Forza Italia, esiste ancora.

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