Gli inizi a Roma in una piscina di Monteverde A 14 anni stava sott’acqua 3 minuti e mezzo «Paura? Mai»
È per via della piscina che è arrivata giù. Molto giù, dove il buio è totale e il silenzio non è paragonabile a niente. Una discesa senza errori, perfetta, fino a 105 metri dalla superficie, l’abisso toccato che vale il nuovo record mondiale di apnea con monopinna. È il cinque maggio, il luogo è l’isola di San Andres, in Colombia. Alessia Zecchini è pronta al tuffo, deve battere il record del mondo (104 metri) che le appartiene e che aveva stabilito un anno fa alle Bahamas. Una gara contro se stessa. Si supera di cento centimetri.
Alessia è una campionessa giovane, figlia unica di venticinque anni, nata a Roma, quartiere Monteverde, dove già a sei anni suo padre l’accompagnava in piscina. Non le piaceva la vasca, non ci andava con piacere, tutto troppo artificiale, amava il mare. Ma è in piscina che un giorno ha capito che la sua vocazione era immergersi e vivere come un pesce. Aveva 11 anni. Nuotò venticinque lunghi metri con il corpo sott’acqua.
È rientrata dalla Colombia da pochi giorni. È influenzata. La voce è rauca. Forse lo sbalzo di temperatura, forse gli effetti della tensione. O il ritorno alla vita romana di superficie. A suo modo e nel suo regno, Alessia è un fenomeno (sportivo). Già a quattordici anni riusciva a nuotare per ben 125 metri sul fondo della piscina. Tre minuti e mezzo senza respirare. Così è ancora un’adolescente quando arriva la prima convocazione in nazionale. Non può gareggiare nelle competizioni ufficiali perché troppo piccola, ma è troppo forte per non farne parte. «Frequentavo atlete molto più grandi di me, incuriosite dalle mie prestazioni. Mi volevano bene». Agli allenamenti e in giro per l’italia l’accompagnava il suo papà. Che per starle più vicino un giorno ha preso il brevetto da sub.
La tuta nera con l’enorme pinna di vetroresina o carbonio al posto dei piedi che la fa sembrare una sirenetta l’ha indossata a diciassette anni. Il primo oro l’ha vinto alle Bahate