COSTRUIRE NUOVE CARCERI PER RECUPERARE I DETENUTI
Caro Aldo, ci sono due modi per limitare il vergognoso sovraffollamento nelle nostre carceri. Uno è il ricorso, sempre più utilizzato, a pene alternative. Invece dell’altra possibilità non si sente mai parlare, né dai politici né dagli addetti ai lavori: basterebbe costruire nuove carceri. E, stranamente, questa soluzione non la propone nessuno. E non si dica che è un problema di costi; l’attuale situazione costa, sotto vari aspetti, molto di più.
La sua lettera mi ha fatto riflettere sul tema delle carceri. Diciamo la verità: ogni volta che si affaccia alla discussione pubblica, tendiamo a scrollare le spalle: che stiano in galera e non rompano le scatole. Nello stesso tempo, i vari governi continuano ad adottare decreti svuota-carceri che finiscono per riempire le città italiane di delinquenti potenziali. A mio avviso, le misure alternative si possono adottare quando il detenuto non è pericoloso e si può considerare recuperato alla convivenza civile. Oggi questo non accade, se è stato lasciato libero Edgar Bianchi, violentatore seriale di minorenni (scusi se mi ripeto, ma se fossi il padre di una delle sue 25 vittime, cui si sono aggiunte le ragazzine aggredite dopo la sua liberazione, sarei impazzito di rabbia; e già così sono profondamente indignato). Penso che le carceri debbano essere luoghi dignitosi, in cui i detenuti possano lavorare e prepararsi alla libertà. Per questo è necessario, come lei giustamente scrive, costruire nuove carceri, anziché svuotare quelle che ci sono. Sono stato più volte a presentare i miei libri a Regina Coeli: il personale lavora molto bene, l’incontro con i detenuti mi ha arricchito sul piano umano; ma mi chiedo se abbia un senso che edifici del centro storico — come anche San Vittore a Milano — siano adibiti a prigioni. Un’altra misura importante sono gli accordi con i Paesi di provenienza dei detenuti stranieri, che dovrebbero scontare la pena in patria.
Vincenzo Scotto di Suoccio Rho (Mi)