La cittadella di fiori e sapori
Candelo nel Biellese e il Ricetto Era un confino dei mafiosi oggi tra le mura fortificate rifiorisce l’economia del territorio
Le aiuole incastonate nelle pietre delle mura rendono il borgo di Candelo (Biella) un luogo da fiaba. Così come la vista sulle Alpi biellesi ancora innevate, dove svetta il monte Mucrone (2.335 metri). La sedicesima edizione (biennale) di «Candelo in fiore», terminata il 6 maggio, con i suoi 30 mila visitatori (perlopiù milanesi e veneti), è stata un’occasione speciale per ammirare il Ricetto (dal latino, ricovero). Gruppo di edifici che risale al 1300 e che ospitava sino alla fine del 1800 i beni della terra e il vino, e dava rifugio alla popolazione in caso di attacchi dai briganti.
Ora l’area storica non è più abitata ma visitabile tutto l’anno, nel fine settimana. E ospita botteghe artigianali e ristoranti. «Candelo in fiore nasce nel 1994 per promuovere la nostra cittadina — spiega il sindaco Mariella Biollino, che allora faceva parte della Proloco —. Dal 2000 sono state poi riqualificate e recuperate le torri del complesso (anche con fondi regionali), e spazi pubblici come le Cantine di Crono, adibiti a mostre temporanee». E dire che fino agli anni 90 questo borgo Bandiera arancione Touring club italiano era sconosciuto. Anzi, «qui mandavano al confino i mafiosi, e il Paese era considerato la feccia del Biellese». Il 6 maggio, invece, i ristoranti sono stati costretti a rimandare indietro i tanti turisti che non hanno prenotato. Candelo in fiore 2018 è stato un omaggio all’oriente, in occasione dell’anno del turismo Europa Cina proclamato a gennaio scorso a Venezia. E Gabriele Rosso, uno dei venti florovivaisti che hanno realizzato decorazioni e addobbi si dichiara più che orgoglioso di partecipare. La sua azienda, Rosso e Croce, si occupa di coltivazione di piante ornamentali da giardino.
Proprio qui si è trasferito con la famiglia dalla vicina Biella nel 2008, Francesco D’oria, titolare dell’omonimo ristorante, riqualificando un’ex abitazione del ’400 (al piano sopra ci abita), «entusiasta della prospettiva di lavorare e vivere (al piano sopra) in un luogo adatto per esaudire le nostre voglie contadine». L’ingresso del locale è proprio sul punto più battuto, ai piedi del complesso fortificato. Si gustano prodotti tipici del posto, dal salame della duia alle paste fatte in casa.
La ceramista Elena Gola mostra il suo servizio da cucina dedicato al borgo e in particolare il «coglichicco», piatto con una piega verso l’interno che impedisce la caduta degli ultimi chicchi di riso. Poco più in là Piera Oddone rappresenta la continuità della tradizione tessile biellese con la sua bottega artigiana: realizza e vende sciarpe in diversi materiali e strisce da tavolo. Ma con un tocco d’innovazione, perché inserisce filati tecnologici come fiocchi di carta o lamé d’oro o d’argento».
Un villaggio di circa 8.000 abitanti (solo 1.000 nel centro storico) vicino al polmone verde di circa 5.000 ettari della Baraggia, riserva naturale pianeggiante delle province di Biella, Novara e Vercelli.
La Candelo dei sapori è anche quella della «paletta», di cui Andrea Prina Mello, titolare con la mamma di Gabba salumi, è fra i maggiori produttori. Prende il nome dall’osso del muscolo della scapola del suino nazionale maturo a forma di pala. È riconosciuto dalla Regione Piemonte come Pat, Prodotto alimentare tradizionale, molto usato nei risotti, paste e insalate. Ricorda il prosciutto cotto ma ha meno conservanti ed è più saporito.
Un dolce tributo a Candelo arriva, infine, da Loretta Colle, titolare dell’omonima cioccolateria artigianale di Biella, presente alla manifestazione, e che alla penultima edizione di Candelo in fiore lanciò il bacio di Candelo: cioccolato al latte o fondente con uvetta, rhum e panna. Una delizia.