Corriere della Sera

Non presentate ai nuovi vicini solo le scarpe sul vostro zerbino

- di Irene Soave

«Ho conosciuto i miei vicini in modo molto sgradevole», scrive Michela Paola Eandi, di Torino. «Avevo lasciato per mezz’ora un paio di scarpe ad asciugarsi sullo zerbino, fuori c’era un acquazzone; e la mia dirimpetta­ia mi ha scampanell­ato, per chiedermi di rimuoverle, perché avrebbe avuto ospiti di lì a poco. Vivevo nel mio appartamen­to da tre settimane: un pessimo modo di conoscersi». Alla cara lettrice, che ringraziam­o per averci raccontato il suo trasloco (fatelo anche voi, all’indirizzo lostintras­loco@corriere.it) dobbiamo però tirare un poco le orecchie: la vicina, ancorché arcigna, abitava nello stabile prima di lei. Sarebbe stata la lettrice, dunque, a doversi presentare per prima — e ben entro le tre settimane dall’arrivo!

Il vicinato può essere un tesoro: penso alla lettrice Rossella M., che da Milano mi ha scritto affranta. Deve lasciare la città e anche una coppia di vicini diventati, nel tempo, quasi membri di famiglia. Complici figli coetanei e lavori dagli orari complement­ari, le due famiglie si erano quasi fuse tra loro. Ma d’altro canto, un ricorso al giudice di pace su 3 riguarda liti condominia­li, e una ricerca recente spiega che, nelle grandi città del Nord, il 69% di chi vive in un condominio non conosce i vicini, e uno su tre, se sente qualcuno sul pianerotto­lo, aspetta qualche istante a uscire. Che miseria, no? Perciò il consiglio è: cominciate con il piede giusto. E quando avete riposto gli scatoloni, bussate alla porta accanto per presentarv­i. Molti film (anche romantici) iniziano così.

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