Così ripida che sembra ti si capovolga addosso
Puoi NERVESA DELLA BATTAGLIA studiarne i numeri: sono inquietanti, certo. Ma se vuoi capire perché lo Zoncolan è la salita più dura d’europa devi pedalarla o — se non ce la fai, come la maggior parte degli umani — percorrerne almeno un tratto a piedi. In tre punti (quota 903, 1.100, 1.301 metri sul livello del mare) la strada s’inclina e s’impenna contemporaneamente in modo così rapido (e ripido) che sembra ti si capovolga addosso. I famosi numeri, poi, dicono che il Kaiser è la sola ascesa europea che in 10 chilometri di lunghezza divora 1.200 metri di dislivello con pendenza media dell’11,7% e tre rampe che toccano il 22%. Ma l’elemento più disturbante è un tratto centrale (sei chilometri) con l’inclinometro fisso al 16%. Nessun’altra salita in nessun’altra catena montuosa assomma le caratteristiche di questa montagna carnica fino a 15 anni fa nota solo a sciatori ed escursionisti locali.
Nella sfida con le altre due salite-mostro del vecchio continente, il lombardo Mortirolo ha un punto di ripidità in meno e contropendenze più umane; lo spagnolo Alto de Angliru regala lo spazio di 800 metri per rifiatare a metà salita e offre maggior ossigeno per via della quota di scollinamento più moderata.
Lo Zoncolan, dal versante di Ovaro, debutta al Giro nel 2007 grazie a un’intuizione geniale di Francesco Guidolin ed Enzo Cainero, il deus ex machina dell’organizzazione locale. Vent’anni fa inserirla nel percorso sarebbe stato impossibile: all’epoca non esistevano le corone e i pignoni «compact» che permettono un’agilità di pedalata da mountain bike e consentono anche ai velocisti di arrivare in cima. Oggi anche gli uomini di classifica nel tratto più duro pedaleranno col 34x30 o 34x32, una combinazione di rapporti che sviluppa due metri a pedalata e che su qualunque altra salita farebbe girare i
pedali a vuoto.
Lo Zoncolan si attaccherà 175 chilometri dopo la partenza da San Michele al Tagliamento, superate le (impegnative) salite del Duron e della Sella Valcalda negli ultimi 50 chilometri. Nessun big nelle quattro edizioni finora disputate ha mai attaccato da lontano: troppo alto il rischio di crollare. Ma è vero che quest’anno Froome e Aru sono in una posizione di classifica così critica da non escludere un loro colpo di mano. Le difficoltà dello Zoncolan non si limitano alle pendenze. La sede stradale è così stretta che, specie nel primo tratto, si rischia di rimanere imbottigliati quando anche un solo corridore rallenta di colpo, esausto. Mettere il piede a terra significa non ripartire e per questo molti corridori tengono un «dente» di riserva sulla corona posteriore, una «marcia ridottissima» con cui ripartire quasi da fermi. Per l’assistenza tecnica sono previste misure studiate ad hoc.
In località Chialina 22 moto caricheranno un meccanico o un direttore sportivo per squadra pronto a dare assistenza con ruote o addirittura telai di riserva. Vietato il transito di qualunque autovettura (pure il direttore del Giro, Mauro Vegni, salirà in moto) anche per i mezzi al seguito quella dello Zoncolan è una sfida ai limiti dell’impossibile.