Corriere della Sera

Lo spettacolo tremendo e primitivo della fatica

- di Fabio Genovesi

Il Giro è bello sempre, certo, e nella varietà delle tappe sta gran parte del suo fascino: un giorno ci emoziona la furia della volata, un altro il brivido delle discese, un altro ancora la potenza rigorosa della prova a cronometro. Poi però arriva lo Zoncolan, e il resto scompare. I fotofinish, i distacchi minimi in classifica, sono emozioni fatte di millimetri e secondi schiacciat­e sotto i 1750 metri di questo mostro aguzzo e crudele, che sta lassù aspettando di vedere come faranno i corridori ad arrivargli in cima. Il primo tratto ti guarda subito dritto negli occhi, ma se ti sorride non ti fidare, è solo un ghigno di sadica attesa prima che la strada abbandoni gli ultimi barlumi di ragione e addio. Da qui si decolla verso muri di asfalto, dove la pendenza supera il 20 per cento e la scelta più sensata sarebbe scendere di sella, perché restare in equilibrio diventa difficile, e a piedi si salirebbe più velocement­e. Quassù insomma la bicicletta perde il suo senso logico e la sua funzione originaria: il velocipede diventa più lento del piede. Ma è proprio qui, quando il buon senso, il dolore dei muscoli e il cuore in gola ti urlano di fermarti, che insistere sui pedali smette di essere una corsa e diventa un volo scellerato e magnifico verso i cieli della leggenda. In questo, nella sua mastodonti­ca follia, sta la magia dello Zoncolan. Lo sanno i corridori, che saliranno così piano da non avere nemmeno il sollievo della brezza sul viso. Lo sanno i tifosi, che invece di vederli sfrecciare come fulmini colorati potranno studiare una a una le loro maschere di dolore, gridandogl­i nelle orecchie di non arrendersi, di non scendere dalla bici, di resistere alle gelide tentazioni della logica, della prudenza, di quella mediocrità spigolosa che riempie troppa parte delle nostre vite, e che invece oggi dobbiamo scacciare via dalla festa del cuore come i becchini da un matrimonio. Per essere lassù, quegli stessi tifosi sono partiti in bici all’alba o si sono accampati sul monte da giorni, affrontand­o fatiche che in altri sport non vengono conosciute nemmeno dai campioni in gara. Ma il ciclismo è questo, è lo spettacolo tremendo e primitivo della fatica, che in questa nostra epoca tecnologic­a, informatiz­zata e giudiziosa è davvero l’avventura più fantascien­tifica che esista. E lo Zoncolan è il suo scenario perfetto, un pianeta lontano e terribile lassù, povero di ossigeno e con leggi di gravità spietate, dove i corridori-astronauti che provano ad alzarsi sui pedali rischiano di ribaltarsi. Ecco perché la tappa di oggi non dovrebbero darla solo in tv, ma pure al cinema. E dovremmo andare tutti, e portare pure i bambini. Per emozionarc­i insieme e ricordarci che ogni tanto, in certi giorni sublimi e micidiali, più incredibil­i delle guerre stellari, dei robot e dei supereroi, possono brillare le imprese degli uomini veri.

 ??  ?? 2014 Rogers, l’ultimo a vincere sullo Zoncolan (Bettini)
2014 Rogers, l’ultimo a vincere sullo Zoncolan (Bettini)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy