«È un gioco al massacro Ma oggi Aru e Froome possono ribaltare il Giro»
Basso ci vinse la corsa nel 2010: «Impossibile attaccare»
NERVESA DELLA BATTAGLIA Era il 23 maggio 2010: staccando Evans e Scarponi a 3.700 metri dal traguardo Ivan Basso doma in poco più di quaranta minuti il passo dello Zoncolan, ipotecando il suo secondo Giro d’italia dopo quello del 2006.
Considera lo Zoncolan dal versante di Ovaro la salita più dura dei suoi 15 anni di professionismo?
«Sì, anche se il giudizio di un professionista su una salita è legato ai risultati ottenuti. Avendoci vinto il Giro, ricordo lo Zoncolan con meno dolore dello Stelvio, in realtà molto più facile, dove persi quello del 2005».
Perché questa salita è così difficile?
«Per i sei chilometri centrali: pendenza fissa al 16%, non
d
Ti sembra di svenire, devi resistere pensando che gli altri stanno peggio di te Io vinsi la tappa (e il Giro) due secondi prima di mollare: poi mi dissero che Cadel aveva mollato...
un metro per respirare. Devi mantenere una concentrazione assoluta, essere pronto a soffrire le pene dell’inferno. È un gioco al massacro dove vince chi si mette più in gioco».
Come?
«Nel tratto più duro ci si ritrova davanti in quattro o cinque, allo stremo delle forze. Di scattare non se ne parla: ci si alterna a tirare per 30/40” a testa, cercando un tempo di pedalata fisicamente e mentalmente sostenibile. Ti sembra di svenire, di doverti staccare da un momento all’altro. Invece devi resistere giurandoti che gli altri stanno come te. O peggio. Nel 2010 dopo otto o nove tirate di Evans ero pronto a mollare quando dall’ammiraglia mi dissero che Cadel aveva perso due metri. Vinsi la tappa (e il Giro) due secondi prima di arrendermi e andare alla deriva».
Come si sceglie tempo giusto? il ritmo/
«Il computer sul manubrio ti aiuta mostrando le tue potenze limite, ma per un atleta di alto livello sullo Zoncolan il tempo è soprattutto mentale. Concentrazione assoluta sul gesto, sulla rotondità della pedalata. All’arrivo non ricordavo nulla della strada, del pubblico, dei distacchi, di quello che era successo. Ero salito in (Lapresse) trance seguendo il mio ritmo mentale».
Impossibile attaccare, diceva?
«Sullo Zoncolan ci si stacca, non si attacca. Chi è in formissima come Yates ha una sola cartuccia, un solo scatto buono. Se sbagli e dosi male le forze, nel punto più duro ti fermi o cadi per terra. Letteralmente. L’unico tratto in cui si può in qualche modo provarci è quello finale, all’uscita delle gallerie dove se lasci andare le gambe fai la differenza». km di tutta rilassatezza però percorsi dal gruppo alla media di 49,429 km/h (19ª media più alta della storia nelle tappe in linea dal 1909), prendere la ruota di Modolo e arrotarlo con la furia di uno sprinter ferito. Tris al Giro 2018 dopo Tel Aviv e Eilat, quarta tappa vinta in totale, distanza ristabilita con il rivale Bennett (3-2), perché ormai si è capito che le volate di questa corsa (ne rimangono due, Iseo e Roma) sono una questione privata tra Italia e Irlanda.
Ha buttato la bici per terra, abbracciato con rabbia il massaggiatore, si è tolto qualche sassolino dalla scarpetta. «Ho recuperato 70 punti per la maglia ciclamino dopo aver vissuto una giornata difficile. Oggi c’era da dimostrare qualcosa
Si dice che lo Zoncolan sia troppo duro per creare grandi distacchi.
«Nel finale puoi guadagnare un minuto e oltre. Nell’economia di un Giro, non mi sembra poco».
ti?cosa aspettarci dai favori-
«Chi ha meno da perdere è Dumoulin. Lo Zoncolan si scala da seduti e a ritmo regolare con l’andamento tattico di quelle cronometro dove Tom è maestro. Yates deve guadagnare tempo facendo attenzione a non avere fretta, Pinot e Pozzovivo sono grimpeur esperti, sanno cosa li attende. Per Aru e Froome lo Zoncolan è l’ultima spiaggia: se perdono terreno il podio per loro diventa un miraggio. Ma Fabio e soprattutto Chris hanno grandissima classe ed esperienza: al contrario di molti, io credo che oggi possano ancora ribaltare il Giro».
d Chi ha meno da perdere è Dumoulin. Lo Zoncolan si scala da seduti con l’andamento tattico di quelle cronometro dove Tom è maestro. Yates deve guadagnare tempo, senza avere fretta
e la squadra è stata magnifica: a Imola aveva tirato 200 km per niente. Ci siamo guardati in faccia e ci abbiamo bevuto su una birra». Qual è il problema, fiero Elia? «Il problema è che sono stato giudicato troppo velocemente. Troppi dimenticano che non facevo un grande giro da due anni e mezzo. Alla partenza ero nervoso perché non sapevo come stavano le mie gambe. Credo sia stata la mia vittoria più bella ed emozionante al Giro».
Lo Zoncolan oggi lancia alla maglia ciclamino una sfida diversa: «Avrò sei compagni con me per cercare di arrivare al traguardo entro il tempo massimo». Non riuscirci, vestito così, sarebbe un delitto.