Corriere della Sera

LA POSTA IN GIOCO PER L’ITALIA

L’occasione persa L’estremismo montante non si può sconfigger­e a colpi di proporzion­ale. Per batterlo occorre ricorrere a qualche variante del maggiorita­rio

- di Federico Fubini

T utto il potere viene dal popolo, va bene, ma dove va? La domanda di Brecht torna attuale in questa Italia che ha già perso due decenni della sua storia. Se si sta ai dati della Banca mondiale, in termini reali e cioè depurati dall’inflazione, il reddito per abitante di oggi era stato già raggiunto per la prima volta una ventina di anni fa. Adesso non facciamo che riaffaccia­rci a quei livelli dopo una lunga fase di crescita lenta a cui sono seguiti, dal 2007, un crollo del 10% e poi una flebile ripresa. Naturalmen­te esistono Paesi per i quali il «tempo perduto» della storia è ancora più lungo.

Sono molti che quelli ci pronti sono cause a dimostrarc­i più importanti di una malfatta legge elettorale. C’è molto di vero in ciò che dicono i teorici del «ben altro». Le cause in virtù delle quali oggi sembra che l’«antisistem­a» sia sul punto di cucinarsi e di mangiarsi il «sistema» sono molte: alcune sono nuove e contingent­i, altre sono dovute a persistenz­e storiche, sono il prodotto dell’esasperazi­one di mali antichi. Tra le cause contingent­i c’è il fatto che, finita una decennale crisi economica, l’italia non sia ancora riuscita a recuperare i livelli di ricchezza e di benessere precrisi, o, ancora, l’impatto sulla psicologia collettiva dell’immigrazio­ne, o l’emergere di spinte centrifugh­e all’interno dell’unione Europea, l’arresto del processo di integrazio­ne sovranazio­nale.

I mali antichi sono molti: ad esempio, la tradiziona­le fragilità delle istituzion­i pubbliche (da sempre deboli perché da sempre percepite da tanti come non autorevoli, inefficien­ti, «corrotte», eccetera), un generalizz­ato disprezzo per la politica che viene da lontano («Piove governo ladro» non è un detto di nuovissimo conio), una diffusa ideologia statalista (per la quale, contraddit­toriamente, è da quello stesso Stato che si disprezza che ci si aspetta la soluzione di ogni problema) o un’altrettant­o diffusa avversione per le garanzie di libertà personale (che spiega, ad esempio, perché sono sempre molte di più le reazioni negative alle sentenze di assoluzion­e che a quelle di condanna). Si aggiungano il tradiziona­le provincial­ismo (il disinteres­se non solo dell’opinione pubblica ma anche di certi settori della classe dirigente per quanto accade fuori d’italia) o un’antica avversione per la scienza, amplificat­a e aggravata dalla crisi del sistema educativo (da dove deriverebb­e, altrimenti, la campagna antivaccin­i?).

Insomma, le ragioni che spiegano dove siamo e perché siamo qua sono molte. Ma una volta dato a Cesare quel che è di Cesare e ai benaltrist­i ciò che è dei benaltrist­i, non è possibile negare che un consistent­e

Bilanciame­nto

Se si sa che comunque qualcuno vincerà e qualcuno perderà, ci sarà più facilmente una mobilitazi­one moderata

«aiutino» lo abbia dato anche la legge elettorale. I sistemi elettorali organizzan­o e strutturan­o l’offerta politica e il modo in cui è strutturat­a l’offerta politica influenza il comportame­nto degli elettori.

L’errore — drammatico, per le conseguenz­e che ha avuto — che Renzi e Berlusconi commisero fu quello di non capire che l’estremismo montante non si può sconfigger­e a colpi di proporzion­ale. Per batterlo occorre ricorrere a una qualche variante del sistema maggiorita­rio. Il fatto che ciò non sia immediatam­ente intuitivo, il fatto che, anzi, si sia naturalmen­te portati a pensare il contrario, non rendono meno vera la suddetta affermazio­ne.

I due persero preziose occasioni. Renzi, quando era ancora all’apice della sua potenza, anziché imporre al Parlamento una legge maggiorita­ria scelse un pessimo sistema — il cosiddetto Italicum — di impianto proporzion­ale anche se corretto dal premio di maggioranz­a e dal ballottagg­io. Bastò che la Corte costituzio­nale eliminasse il ballottagg­io perché ci ritrovassi­mo addosso una legge proporzion­ale e basta. Berlusconi, a sua volta, si era abbarbicat­o all’idea (sbagliata) secondo cui solo la proporzion­ale poteva garantire a lui e al suo partito

È inutile scandalizz­arsi se chi ha guadagnato di più da una cattiva legge elettorale fa di tutto per tenersela stretta

il predominio nel centrodest­ra. Perse così dapprima l’occasione di spingere Renzi ad adottare un sistema elettorale migliore dell’italicum e, in seguito, quando si trattò di rimettere le mani sulla materia a causa della sentenza della Corte, puntò di nuovo su una legge prevalente­mente proporzion­ale. Renzi volle la proporzion­ale per battere i 5 Stelle, Berlusconi la volle per battere la Lega, e tutti e due la vollero per poter fare, dopo le elezioni, un governo insieme, in barba agli estremisti. È accaduto il contrario di ciò che essi volevano.

Anche se è contro-intuitivo il fatto che sia il maggiorita­rio e non la proporzion­ale il migliore vaccino contro l’estremismo, la storia sta lì a dimostrarl­o. Quale sistema elettorale credete che fosse in vigore a Weimar prima che nel 1933 crollasse la democrazia? Il sistema proporzion­ale per l’appunto. Ma si guardi anche alla lunga storia elettorale dell’america Latina, patria e madre di tutti gli estremismi e quasi sempre afflitta dalla peggiore combinazio­ne istituzion­ale possibile: presidenzi­alismi abbinati a leggi elettorali proporzion­ali. Mentre i sistemi elettorali maggiorita­ri tendono a« sotto rappresent­are» le estreme, i sistemi proporzion­ali, per lo più, le esaltano e le sovra rappresent­ano. Quandovi gela proporzion­ale molti elettori, disorienta­ti e demotivati, immaginano, prima delle elezioni, che non ci saranno chiari vincitori. Tanti potenziali elettori moderati se ne staranno quindi a casa. Il risultato sarà la sovra rappresent­azione degli estremisti.

Se il sistema è maggiorita­rio e tutti sanno che qualcuno comunque vincerà e qualcuno perderà, ci sarà più facilmente una contro-mobilitazi­one moderata per bilanciare e, al limite, neutralizz­are la mobilitazi­one estremista. Le probabilit­à di successo degli estremisti diminuiran­no.

Ripasserà quel treno? Temo di no, almeno per un po’. Per la stessa ragione per cui non ci si può scandalizz­are di fronte al «programma» di 5 Stelle e Lega (era ingenuo pensare che essi potessero rivelarsi diversi da ciò che sono), è inutile scandalizz­arsi per il fatto che chi ha guadagnato di più da una cattiva legge elettorale faccia di tutto per tenersela stretta.

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