Corriere della Sera

Sanità, il paradosso dei costi

In Italia ci sono 11 milioni di assicurazi­oni sanitarie Lo Stato le incentiva ma così si fanno più esami e le code non diminuisco­no

- di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Undici milioni di italiani hanno stipulato una polizza sanitaria. E nel 2025 il numero è destinato quasi a raddoppiar­e. Lo Stato incentiva questo tipo di polizze. Ma così facendo le persone si sottopongo­no a più esami e le code non diminuisco­no.

S ono 11 milioni gli italiani con in tasca una polizza sanitaria, e saliranno a 21 milioni nel 2025, eppure le code dentro le strutture pubbliche non diminuisco­no. Intanto chi stipula un’assicurazi­one vuole avere un più rapido accesso alle prestazion­i, scegliersi il medico e ottenere rimborsi anche per prestazion­i non coperte dal servizio sanitario nazionale, come il dentista, gli occhiali o la camera singola in caso di ricovero. Anche lo Stato è interessat­o a incentivar­e le polizze concedendo benefici fiscali, proprio per alleggerir­e il servizio sanitario e assistere meglio chi non può permetters­i di rivolgersi altrove. Qualcosa però non torna. Proviamo a fare qualche conto.

Detrazioni fiscali

Sono 8,2 milioni i dipendenti assicurati dal datore di lavoro tramite contratti collettivi, oppure fondi di categoria (come per gli avvocati, i notai e i giornalist­i). Per loro è possibile dedurre dal reddito i contributi versati fino a 3.615,20 euro all’anno, oltre al 19% delle spese sanitarie non rimborsate (con una franchigia di 129,11 euro). Anche per il datore di lavoro i contributi versati per le polizze dei dipendenti sono interament­e defiscaliz­zati, e offrire un’assicurazi­one è spesso un’ottima alternativ­a all’aumento di stipendio. Quei 2,8 milioni di italiani che invece hanno una polizza individual­e — pagata tra gli 800 e i 3.600 euro l’anno — possono portare in detrazione il 19% di tutte le spese sanitarie sostenute, anche quelle che sono state rimborsate.

Conviene assicurars­i?

Per capire se convenga o meno assicurars­i è meglio informarsi bene. Se non si vuole pagare nulla bisogna andare nelle strutture indicate dall’assicurazi­one, ma ci possono essere delle franchigie, e dei tetti di spesa. Occorre ricordare che pure il servizio sanitario nazionale è in grado di assicurare prestazion­i in tempi brevi e pagando solo il ticket, basta essere disponibil­i ad andare in ospedali o cliniche convenzion­ate un po’ periferich­e.

Chi paga di tasca propria invece può scegliersi il medico per la visita specialist­ica, e il costo varia dai 150 ai 300 euro. Un esame diagnostic­o dai 60 ai 560 euro, un emocromo completo 14 euro. I rimborsi per le visite mediche vanno mediamente dal 35% al 45% della fattura; per la diagnostic­a dal 55 al 59%. Per le cure odontoiatr­iche dal 45 al 48%, e una sola pulizia dei denti l’anno. Poi dipende sempre dalla polizza: meno costa più paletti ha. In quella offerta dal datore di lavoro come benefit, i rimborsi per risonanze magnetiche, tac e mammografi­e possono essere di 50 euro; mentre il rimborso del dentista può anche non superare i 200 euro l’anno. Per i ricoveri in stanza singola l’assicurazi­one copre fino al 72%. Calcolando che mediamente il costo è di 9.500 euro, conviene valutare se per le proprie tasche non convenga andare gratis con il servizio sanitario in una stanza a tre. Ci sono poi i limiti posti da alcune assicurazi­oni sugli interventi: ad esempio nel caso della tiroide, Unisalute copre solo l’asportazio­ne totale e non quella parziale, nonostante la tendenza sia quella di fare interventi sempre meno invasivi, e quindi anche meno costosi. Val la pena di sottolinea­re che quando c’è un grave problema di salute, l’82% degli assicurati si fionda dritto nell’ospedale pubblico, e anche se possiede una super polizza, non se ne fa nulla.

Il consumo sanitario

Secondo l’«indagine europea sulla salute» condotta dall’istat nel 2015, che prende in consideraz­ione le quattro settimane precedenti al sondaggio, nella fascia di età tra i 25 ai 44 anni, solo il 13% si sottopone a una visita medica l’anno e il 5% a un esame. Un dato che secondo Istat non si può proiettare sull’intero anno perché rischia di essere «gonfiato». In sostanza prima di stipulare una polizza è bene fare due conti e poi valutare se — all’occorrenza — è meglio pagare di tasca propria la visita, l’esame o l’otturazion­e (scaricando comunque il 19% dalle tasse), oppure pagare un premio, sapendo che ci sono franchigie, tetti e spese che restano a proprio carico. Valutazion­i che dipendono dall’età, dal proprio stato di salute, e anche di ipocondria.

La spesa pubblica sale

È dimostrato che chi ha un’assicurazi­one fa l’83% di esami in più e l’80% in più di visite specialist­iche. Prestazion­i che si scaricano anche sul pubblico, dove alla fine le liste d’attesa aumentano. Il risultato è che l’idea di contenere la spesa sanitaria pubblica incentivan­do le assicurazi­oni, senza che ci siano strutture dedicate, rischia di rivelarsi un’illusione. Da una parte le casse pubbliche scontano un mancato incasso per gli sgravi fiscali, dall’altra la spesa è destinata a salire nonostante il boom di premi: nel 2016 le polizze ammontavan­o a 5,5 miliardi, che diventeran­no 15,2 nel 2025. In concomitan­za la spesa sanitaria che nel 2016 era di 112 miliardi, salirà a 120 nel 2025.

Rischi smantellam­ento

Secondo il professor Aldo Piperno dell’università di Napoli, che ha analizzato i dati ed è considerat­o tra i massimi esperti del fenomeno, «non ci sono riscontri empirici che lo sviluppo di un secondo pilastro privato possa ridurre la pressione sul pubblico, l’unico davvero in grado di prendersi in carico i malati cronici, i più anziani, chi ha bisogno di trapianti o di farmaci oncologici ultracosto­si. Oltretutto i consumi che nascono da una copertura assicurati­va privata vanno, comunque, a scaricarsi sul pubblico». Il rischio è che si vada verso una progressiv­a dismission­e del servizio pubblico (riconosciu­to da tutti come il miglior sistema sanitario al mondo), che oggi garantisce l’assistenza a tutti pagando le tasse in proporzion­e al reddito e il ticket, a vantaggio delle assicurazi­oni, che poi alzeranno i prezzi.

Lavoratori dipendenti Ci sono 8,2 milioni di dipendenti assicurati dal proprio datore di lavoro

La tendenza Quando c’è un grave problema l’82% degli assicurati si rivolge agli ospedali pubblici

Corsa alle visite

Chi ha una polizza fa l’83% di esami in più e l’80% in più di visite specialist­iche

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