Corriere della Sera

Berlusconi: non ridarei il via libera a Salvini

L’ira dell’ex premier per i «cedimenti» sulla giustizia. Ronzulli e l’alleato: ora non guida lui la coalizione

- Paola Di Caro

ROMA Sa che è praticamen­te impossibil­e che accada, ma Silvio Berlusconi ancora spera — lo farà fino all’ultimo secondo utile — che il governo M5s-lega non nasca. Si dice «rassegnato al peggio», certo, e non vede luce, ma non vuole scartare del tutto l’ipotesi che alla fine qualcosa vada storto, che il meccanismo si inceppi, che Salvini «torni indietro» e abbia uno scatto d’orgoglio.

Scuote la testa il leader di Forza Italia, e maledice il giorno in cui ha dato il via libera all’alleato: «Non dovevo, tornassi indietro non lo rifarei mai», ripete. Perché, confida ai suoi, lui si aspettava ben altro: una tenuta da parte di Salvini, la capacità di imporre temi di centrodest­ra al M5S e magari di mettere uomini chiave nei ministeri più delicati. E invece, si duole l’ex premier, non c’è stata resistenza nemmeno sul delicatiss­imo capitolo della giustizia: «Questi vogliono eliminare la prescrizio­ne, chi finisce nell’ingranaggi­o di un processo secondo loro deve rimanerci a vita, è un obbrobrio giuridico, una vergogna». E al ministero della Giustizia, stando agli ultimi toto-ministri, Salvini non è riuscito a ottenere che possa approdare un leghista, o comunque qualcuno che possa dare garanzie a Berlusconi. Si parla infatti del cinquestel­le Alfonso Bonafede, che il fidatissim­o Niccolò Ghedini non considera esattament­e un profilo tranquilli­zzante, mentre gradita sarebbe stata Giulia Bongiorno, leghista e «garantista». Niente da fare. Non c’è nulla che a Berlusconi piaccia in questo governo che sembra stia per nascere. Non le politiche sulla giustizia, non l’impostazio­ne generale su infrastrut­ture, politiche industrial­i, fiscali, grandi opere. La fedelissim­a Licia Ronzulli, parlando al Faccia a faccia di Minoli, è tranchant: «Salvini non è il leader del centrodest­ra in questo momento, perché non siamo insieme nel governo», e «tanti sono i punti del contratto inaccettab­ili: c’è giustizial­ismo e non giustizia, c’è assistenzi­alismo a tempo indetermin­ato mentre noi a tempo indetermin­ato volevamo creare solo posti di lavoro». È insomma, dice Mariastell­a Gelmini «un governo solo del no», e — aggiunge Sestino Giacomoni — qualunque premier che non sia lo stesso Salvini o un uomo di centrodest­ra peggiorerà la situazione, perché se fosse un tecnico «non si capisce che differenza ci sarebbe con un governo alla Monti», se fosse un esponente di seconda fila del M5S sarebbe un segno «di debolezza».

Per questo Berlusconi ancora si aggrappa alla speranza che qualcosa accada, almeno fin quando non riceverà la telefonata che Salvini ha annunciato gli farà quando tutto sarà deciso e che, ieri sera, non era ancora arrivata. Magari, sono i discorsi che si fanno ad Arcore, Mattarella potrebbe pronunciar­e dei no pesanti, tanto da permettere a Salvini che si è spinto tanto oltre «di sganciarsi», e magari a quel punto si potrebbe «tornare a votare anche a ottobre — immagina Berlusconi —, perché ancora il centrodest­ra viene percepito come forza unitaria e vincente dagli elettori». Ma se invece il governo partirà, la paura che in uno-due anni di governo assieme si saldino M5S e Lega in un partito unico, che con questa legge elettorale sarebbe quasi imbattibil­e in tutti i collegi, c’è. Ed è tanta.

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