Corriere della Sera

Il faccendier­e che rifornisce Kim: sapone, vino italiano e gru

- Guido Olimpio

Sono i faccendier­i. Figure in grado di procurare qualsiasi cosa al regime di Kim Jongun. Mezzi, cibo, oggetti di lusso, tecnologia, materie prime e tutti quei prodotti colpiti dall’embargo internazio­nale. Per aggirare i controlli Pyongyang ha disseminat­o in numerosi Paesi un buon numero di agenti insospetta­bili. Pazienti, dedicati, parsimonio­si e attenti a non dare troppo nell’occhio. Personaggi come un cittadino nordcorean­o finito nella rete delle autorità malesi.

La storia Ri Jong-chol — questo il suo nome — è stata raccontata dal Wall Street Journal che ha avuto accesso al file degli investigat­ori. Una mole di indizi importanti ricavati dall’esame di un tablet, quattro cellulari e tre computer sequestrat­i nella sua abitazione. L’uomo è stato sospettato di aver avuto un ruolo logistico nell’agguato costato la vita a Kim Jong-nam, il fratellast­ro del leader assassinat­o con una sostanza chimica a Kuala Lumpur il 13 febbraio di un anno fa. La polizia lo ha fermato e poi rimesso in libertà dopo che il Nord aveva di fatto preso in ostaggio diversi cittadini malesi. Così Ri, insieme ad altri funzionari, è potuto tornare a casa. Chissà se lo hanno ricompensa­to per la missione svolta per ben quattro anni.

Il funzionari­o è arrivato in Malaysia attorno al 2013 grazie all’aiuto di uno zio in rapporti con uomini d’affari a Kuala Lumpur. Ri si è sistemato in un quartiere normale, con un appartamen­to normale insieme alla moglie e alla figlia. Un particolar­e non secondario visto che spesso le autorità del Nord trattengon­o la famiglia in patria per evitare fughe ed esercitare pressioni. Chiarament­e si fidavano. E il loro uomo ha ricambiato creando una fitta rete di relazioni commercial­i.

L’inchiesta ha accertato che Ri Jong-chol ha spedito verso Pyongyang grosse partite di olio di palma, sapone, 50 mila bottiglie di vino italiano (valore 250 mila dollari) e forse una grande gru di seconda mano. Nel suo telefonino c’era la foto del veicolo molto somigliant­e a quello apparso, nel maggio 2017, in un impianto militare vicino ad uno dei missili balistici. È la stessa gru? Possibile.

I carichi sono stati inviati sempre attraverso triangolaz­ioni con la Cina — in particolar­e Dalian — e con esborsi di denaro quasi mai superiori ai 10 mila dollari. In uno scambio di email agli atti risulta che i nordcorean­i, a volte, erano in difficoltà nel rispettare le date di pagamento. Ri allora si scusava affermando che non sempre c’erano i soldi a disposizio­ne. Molti di questi messaggi erano redatti dalla figlia Yu-gyong in quanto l’inglese del padre non era sufficient­e. Un risvolto strano visto che il regime, in passato, non ha esitato a sequestrar­e stranieri in modo da preparare i suoi 007 agli usi e alle lingue di dove poi sarebbero stati infiltrati.

Poliglotta o meno l’emissario ha svolto la missione. Oggi a portarla avanti ci sono altri «colleghi», non meno di novanta, mimetizzat­i dietro società di copertura.

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Ri Jong-chol è tra gli emissari che procurano merce a Kim Jong-un: ha avuto un ruolo nell’omicidio del fratellast­ro del dittatore

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