La favola di Marcello: dalle baracche al trionfo
È lì che è cresciuto Fonte, l’attore che ha sedotto Cannes Ultimo di 5 fratelli, lavora e vive in un cinema occupato
CANNES «La mia vita è il cinema». Per Marcello Fonte, il piccolo grande dogman che ha incantato Cannes e conquistato il premio come miglior attore, quella frase è una fotografia fedele della realtà. Dalla baraccopoli di Archi, periferia nord di Reggio Calabria, ultimo di cinque fratelli, al palmarès dove troneggiano Marlon Brando, Mastroianni, Volonté, fino a Joaquin Phoenix. Se l’è goduto fino in fondo quel momento, dopo l’urlo di Benigni: «Marcellooo!». «Pensavano che non avessi capito ma invece io volevo godermelo. La vita è piena di cose brutte. “Facciamolo durare un po’ di più” mi sono detto. E ho contato fino a tre».
Sembra l’unico a non stupirsi dell’infinito gioco di rimandi che lo circonda. Benigni l’ha premiato per una parte A sinistra, Marcello Fonte in «Asino vola» (2015), film di cui è anche regista con Paolo Tripodi. A destra nei panni del «canaro» Marcello in «Dogman» ● Matteo Garrone (49 anni), regista e sceneggiatore, è arrivato al successo con «L’imbalsamatore», ma soprattutto con «Gomorra» e «Reality», entrambi premiati a Cannes che avrebbe dovuto essere sua («Dodici anni fa quando lavoravo alla prima stesura del film, si chiamava L’amico dell’uomo, pensavo a Roberto come interprete», ha ricordato Matteo Garrone). E Alice Rohrwacher — che ha festeggiato la doppietta italiana con il premio per la sceneggiatura per Lazzaro felice — lo aveva diretto nel suo film d’esordio, Corpo celeste. E aveva ipotizzato una storia su Marcello, tenero Lazzaro di Calabria. Con il papillon Marcello Fonte durante la premiazione, sabato a Cannes, come Miglior attore nel film di Matteo Garrone «Dogman». L’attore è nato a Melito di Porto Salvo, Reggio Calabria, il 7 novembre 1978
«Un cerchio che si chiude e un altro che si apre», commenta saggio. «Le storie non sono nostre, sono di tutti e vanno condivise». Della sua voleva fare un romanzo e, invece, è diventata un film, Asino vola, diretto con Paolo Tripodi, passato nel 2015 a Locarno, ancora in attesa di distribuzione.
E lì Marcello diventa Maurizio. Parla con asini e galline, come lui da piccolo faceva con il cagnetto Bechi. Cresciuto, come lui, in una discarica, e con l’immaginazione (la stessa capace di trasformare il suono delle gocce sul tetto di lamiera in applausi) riscrive la realtà. Ha un sogno: suonare il tamburo nella banda del paese. «Chi l’ha detto che gli asini non volano? Se ci credi li vedi». Marcello Fonte, è evidente, ci crede. Per quel film coinvolge Luigi Lo Cascio (il Maurizio/ Marcello adulto), Lino Banfi (per la voce all’asino Mosè) e Maria Grazia Cucinotta doppiatrice della gallina N’giulina. E gira il film ad Archi insieme alla sua gente.
Arrivato a Roma a 19 anni, seguendo il fratello architetto, ha fatto ogni mestiere. Sarto, imbianchino, barbiere, comparsa. Anche sul set di Gangs of New York, di Martin Scorsese («ma avevo capito scozzese»), come testimonia la foto accanto a Dicaprio («Se l’è fatta fare da Daniel Day-lewis senza sapere chi fosse», precisa Garrone) che ha rischiato di incontrare l’altra sera al party Amfar. Attore e regista. Ai tempi dell’occupazione del Teatro Valle ha conquistato la platea con la lettura del suo curriculum.
«È il fantasista della squadra, con il suo tocco chapliniano ha portato grande umanità», sostiene Garrone. La palma, dice Marcello, è di tutti: di Matteo («è il mister sportivo e leale, si gioca tutti insieme»), di Edoardo Pesce (Simoncino), e della piccola Anita Baldari Calabria. E anche di suo padre che non c’è più. «Si è preso cura di noi con l’arte di arrangiarsi». La porterà al Nuovo cinema Palazzo dove lavora come custode e abita. Magari accanto al ritaglio di giornale che gli ha fatto più piacere. Non il Guardian o Le Monde, ma la Gazzetta del Sud. Per una volta, dice, della sua Calabria si parla perché vince.