L’emozione si chiama Piazza di Siena Zorzi in missione dall’olanda per vincere
«La novità del prato mi incuriosisce, è il posto più bello del mondo per gareggiare»
Ha lasciato l’italia in sella alla propria passione per inseguire i suoi sogni di cavaliere che salta sul mondo e prova a togliere un po’ di polvere alla nobile tradizione equestre azzurra. Alberto Zorzi, 29 anni da Padova, primo caporal maggiore dell’esercito, vive con e per i cavalli, non ha un attimo di respiro, la sua giornata a Valkenswaard, Olanda, è travolta dagli impegni, dalla preparazione dei cavalli, da un concorso ippico dietro l’altro. Voleva fare il calciatore, ma a 8 anni suo fratello Giampietro lo portò al maneggio di Monselice e fu amore a prima vista. Da quel giorno non è più sceso di sella. Tre anni fa la decisione di fare armi e bagagli e diventare l’uomo di punta della scuderia di Jan Tops, il cavaliere che in sella faceva storcere il naso ai puristi dello stile, ma era così efficace da vincere l’oro olimpico nel 1992 prima di diventare una delle personalità di riferimento dell’allevamento internazionale.
Alla sua corte Zorzi ha scoperto il proprio Eldorado, cavalli fantastici e possibilità di crescere insieme con loro, fino a entrare lo scorso anno nella Top 10 del ranking mondiale e a partecipare a quel trionfo in Coppa delle Nazioni di Piazza di Siena che all’italia mancava da 32 anni. Questa volta ha deciso in accordo con Duccio Bartalucci, il selezionatore azzurro, di non far parte del quartetto che venerdì difenderà il titolo, perché il suo cavallo di punta non è in forma e c’è da lavorare sodo con Danique per far bene nell’individuale. Che vuol dire provare a dimenticare la beffa del Gran Premio Roma dello scorso anno, secondo dopo aver sfiorato il sogno di riportare il successo in Italia a 23 anni dall’ultimo acuto (1994, Arnaldo Bologni).
Dall’olanda il pensiero è fisso su Piazza di Siena, sul nuovo look verde, il prato che tra oxer e verticali dopo 11 anni sostituirà la sabbia silicea che aveva tolto un po’ di fascino al concorso romano: «Sono tremendamente curioso — racconta — di gareggiare di nuovo sull’erba. Per tutti è una scommessa, bisogna interpretare il percorso, capire in che condizioni sia stato lasciato dai binomi precedenti, ma sicuramente per lo spettatore e per la bellezza del luogo sarà una spettacolare novità».
Cosa rappresenta Piazza di Siena per un cavaliere italiano?
«Non solo per gli italiani, perché è il posto più bello al mondo per gareggiare. Poi per noi scatta un’emozione unica, la pressione di saltare in un campo di gara dove è stata scritta la storia dell’equitazione. E spesso a scriverla sono stati cavalieri azzurri».
Niente Coppa delle Nazioni, tante ambizioni.
«Certo, non arrivo con i miei cavalli top, ma ho la fortuna di lavorare in una scuderia in cui non ci sono esemplari di secondo ordine. Vorrei qualificarmi per il Gran Premio e lì provare a mettere a segno il colpo a sensazione».
De Luca in Belgio, lei in Olanda, oggi un cavaliere italiano è costretto a emigrare per puntare al vertice?
«Purtroppo credo di sì e non sono scelte di vita semplici. Ma gli sponsor, i cavalli migliori e la possibilità di montarli, attualmente sono all’estero. Anche se oggi l’equitazione italiana e il suo concorso di riferimento, stanno vivendo un periodo di grande rinascimento. L’obiettivo di tutti noi è qualificarci per difendere il tricolore all’olimpiade di Tokyo, passando in settembre per i Mondiali americani di Tyron. La nostra storia lo meriterebbe».