Royal Wedding: i Windsor tra istituzionalità e immaginario pop
C ome previsto, il matrimonio reale tra il principe Harry e Miss Meghan Markle si è rivelato prima di tutto un evento mediale dalla portata globale.
Cerimonie come questa servono anche a dare il senso di come cambia il sistema dei media, e questo è stato un matrimonio multipiattaforma, perché oltre alla diretta sui canali tv, la famiglia reale ha dato la possibilità di seguire la cerimonia attraverso i social, via Facebook e con un canale Youtube. Nessuna dinastia è stata così longeva e con un rapporto così stretto, proficuo ma al contempo tormentato, con i media, specialmente con la tv e i tabloid, a cui si sono aggiunti i social media: parlare dei Windsor significa per forza di cose prendere in considerazione eventi mediali che hanno modellato l’immaginario collettivo degli ultimi 70 anni. L’incoronazione della regina, trasmessa per la prima volta dalla Bbc nel ‘52; le nozze di Carlo e Diana; i tragici funerali della principessa del popolo; i matrimoni di William (più istituzionale e formale) e Harry (con deviazioni dal protocollo). I reali inglesi vivono di un’identità fluida: sono istituzioni e allo stesso tempo icone pop globali, conservatori delle tradizioni British e insieme aperti alla contaminazione. Per chi ha seguito la cerimonia sui tanti canali italiani che hanno coperto l’evento (Rai1, Canale 5, La7, Skytg24, Real Time con divertenti collegamenti dal castello della Sonrisa), la cosa più curiosa è stata senza dubbio osservare l’integrazione della cultura afroamericana di cui Meghan è portatrice all’interno dell’establishment inglese. Da Oprah Winfrey, ospite d’onore, al coro gospel, fino all’animato sermone del reverendo Curry ispirato a Martin Luther King, accolto tra risatine e smorfie da larga parte degli invitati.
Inutile negarlo, la scelta di Harry ha rinfrescato non poco l’immagine della Royal Family e i Windsor hanno consolidato ulteriormente la loro centralità nella scena mediatica globale.