Le due note fuori luogo
Sarà pure l’inizio della Terza Repubblica, che Luigi Di Maio annuncia ogni mattina. Ma la storica giornata in cui i grillini danno l’assalto al cielo comincia con due note sbagliate. Di Battista che minaccia velatamente il capo dello Stato — «stia attento...» — e Fico che assiste all’inno nazionale con le mani in tasca.
Atteggiamenti che non devono scandalizzare, forse neppure sorprendere. È esattamente l’atteggiamento che ci si attenderebbe da loro: il tribuno della nuova era, che mette sull’avviso il capo dell’esecrato sistema; il presidente della Camera scanzonato e disinvolto, che divenuto la terza carica dello Stato ne demitizza le forme come farebbe un adolescente. Ma proprio perché sia Di Battista sia Fico hanno dato l’impressione di rispettare il cliché che si sono imposti, era lecito sperare in qualcosa di diverso e di più.
È vero che in questi giorni il Movimento ha sempre coltivato il rapporto con il Quirinale, più di quanto non abbia fatto la Lega. Però nelle ultime ore, quando Mattarella ha lasciato trasparire le sue legittime perplessità sul nome sconosciuto agli italiani — oltre che alla New York University — di Giuseppe Conte, la pressione nei suoi confronti è cresciuta all’improvviso, i toni si sono fatti grevi, quasi minacciosi.
Intendiamoci: prima della svolta governista, l’ex leader dei Cinque Stelle ci aveva abituato a ben altro. Gli avversari dileggiati per il loro aspetto fisico, financo le loro malattie; per il nome che portavano o il posto da cui venivano. Cose che non si fanno mai. Ma che si possono perdonare, se vengono da Grillo. Il fondatore a suo modo è
un cavallo di razza, un falco da preda. Come Bossi, cui in qualche modo somiglia, anche nel destino di essere relegato in secondo piano dai leader più giovani. Ora dai suoi eredi incravattati ci si attenderebbe un atteggiamento diverso.
Sarebbe ingiusto denigrare qualsiasi critica come una nostalgia dell’antico regime. La vittoria degli antisistema non nasce dal nulla; nasce dal fallimento dei partiti tradizionali, di personaggi oggi non a caso fuori gioco. I Cinque Stelle non sono più un movimento di protesta; sono al governo. Questo implica molto potere ma anche un minimo di responsabilità. Anche di linguaggio, anche di stile. Le fortune, in questo tempo di crisi, sono transitorie. Le magre figure restano.
Essere
al governo implica molto potere ma anche un minimo di responsabilità Anche di linguaggio e di stile