Rivoluzionari a Palazzo
Per Grillo chi pubblica notizie scomode sui vecchi partiti è un cane da guardia della democrazia, mentre chi le trova sul governo delle Cinque Leghe è un rovistatore di pettegolezzi che si sforza di tenere a galla la casta soccombente di cui è servo. Poiché è prerogativa dei servi tradire il padrone in disgrazia e genuflettersi davanti a quello in arrivo, le parole di Grillo finiscono per dare un’immagine resistenziale della stampa italiana che onestamente essa non merita. La stampa si limita a raccontare: di solito le cose negative, perché fanno più notizia. È stata proprio questa sua attitudine — da Mani Pulite in poi esercitata principalmente intorno alla politica — a favorire il clima di disprezzo nei confronti delle classi dirigenti che le Cinque Leghe hanno cavalcato dentro le urne.
Grillo ha vinto anche grazie agli effetti di quella libertà di stampa che oggi vorrebbe piegare alle esigenze della rivoluzione, sempre le stesse da millenni: non disturbare il manovratore. Ma in un sistema democratico l’esercizio del potere è anche un’enorme rottura di scatole. Ti sbatti dal mattino alla sera convinto di essere in missione per conto di Dio, o del Popolo, e poi finisci sui giornali perché hai abbellito un curriculum o ti sei messo la mano in tasca durante l’inno. Grillo deve farsene una ragione: chi sta al governo non può più parlare come se fosse ancora all’opposizione. Non può più inveire contro il Palazzo, per la semplice ragione che adesso nel Palazzo c’è lui.