Corriere della Sera

L’asse tra gli alleati Il governo partirà da pace fiscale e tagli alla politica

Per Di Maio e Salvini nel discorso di Conte quella sull’europa è la parte «recitata»

- di Emanuele Buzzi e Marco Cremonesi

L’ultimo scoglio Apprension­e al mattino dopo la telefonata del Colle che chiedeva la conferma del nome

ROMA Non sono insieme, ma alle ore 13 Luigi Di Maio e Matteo Salvini tirano un respiro di sollievo all’unisono. È a quell’ora che dal Quirinale arriva l’attesa convocazio­ne per l’«avvocato e professore» Giuseppe Conte. In mattinata, dal Colle era partita una richiesta di conferma sul nome che nei due partiti del «governo del cambiament­o», Movimento 5 Stelle e Lega, aveva suscitato più di qualche apprension­e. È così che nasce il durissimo post su Facebook di Alessandro Di Battista («Il presidente non è un notaio delle forze politiche ma neppure l’avvocato difensore di chi si oppone al cambiament­o»), oltre che l’intervento di Beppe Grillo in persona contro «il maligno gossip-checkup sul professor Conte» determinat­o dalla «casta che decade e si agita per puro istinto di sopravvive­nza». Nell’attesa, a innervosir­e ci sono anche le parole del presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia che certo non benedice il governo in gestazione.

Ma, appunto, l’ansia svanisce con la convocazio­ne. Però ne sorge subito un’altra: il sostenere la candidatur­a di Paolo Savona nello strategico ministero all’economia. Il professore, già ministro, è infatti dato per non gradito al Quirinale a causa delle sue posizioni contrarie all’euro. Salvini lo dice e lo ripete in tutte le salse, «Savona non si tocca». Tra l’altro, l’economista è parte di quella che i leghisti chiamano «la triade», insieme a Enzo Moavero Milanesi e Giampiero Massolo. I leghisti continuano a ripetere il loro simul stabunt, simul cadent («insieme staranno o insieme cadranno»). «Sono — spiega un ascoltato parlamenta­re — l’offerta di garanzia della Lega, significan­o che ci facciamo carico anche dell’affidabili­tà europea».

Va detto, però, che i toni — non quelli di Salvini — sull’argomento sono impercetti­bilmente cambiati. Perché sulla tenuta della «triade» dai piani alti della Lega arriva un «tutto ora è nelle mani di Giuseppe Conte», il premier incaricato. Una sottolinea­tura non così ovvia. E così, si delinea la prima missione del professore pugliese: tenere insieme lo schema, peraltro in perpetuo movimento, del laborioso accordo pentaleghi­sta.

Poi, finalmente, Conte sale al Colle e i due partiti, riuniti come il 4 marzo nelle rispettive war room, ne attendono le parole all’uscita in silenzio religioso. Salvini coglie l’occasione per manifestar­e il suo malumore nei confronti del centrodest­ra: «Io gli alleati li sento tutti i giorni, ma se continuano a darmi del traditore...». Per i leghisti, nel discorso del premier incaricato c’è una «parte recitata», quella che conferma «la collocazio­ne europea e internazio­nale dell’italia» con impegno «sui negoziati in corso, dal bilancio europeo al diritto d’asilo al completame­nto dell’unione bancaria». E poi, una parte «espressiva», quella che fa riferiment­o al contratto di governo come base della fiducia che chiederà alle Camere.

I due partiti già iniziano a delineare quali saranno i primi provvedime­nti, quelli di bandiera. Per gli stellati, certamente, i tagli ai vitalizi e in generale alla politica. Per i leghisti, la «pace fiscale», il pagamento delle cartelle esattorial­i pendenti in misura assai ridotta per chiudere il contenzios­o con lo Stato.

Intanto Beppe Grillo benedice sul suo blog il premier incaricato: «Abbiamo portato di fronte al presidente della Repubblica un uomo che escludo ci farà sfigurare nel mondo. Perché non si riconosce in lui traccia del macchietti­smo compulsivo della stragrande maggioranz­a dei suoi predecesso­ri».

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(Ansa) Capo politico Il leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio, 31 anni, davanti a Montecitor­io

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