Corriere della Sera

«Noi con i bimbi Isolati in Europa? Ne siamo fieri»

«Stato e Chiesa vanno separati, come in Italia»

- S. Gan. S. Gan.

Janet O’sullivan, o Janet Ní Shuilleabh­áin nella «versione» irlandese, è una delle voci più ascoltate del campo pro-abortista. Femminista e scrittrice, nel 2016 è stata inclusa nella lista delle «100 donne più influenti» stilata dalla Bbc. Due anni fa ha raccontato via twitter l’interruzio­ne di gravidanza cui si sottopose da ragazza.

Nessun rimorso?

«L’unico rimorso è di essere stata costretta ad andare in Gran Bretagna».

Quale fu l’aspetto peggiore?

«Ho pianto moltissimo, e ho incontrato molte altre irlandesi che come me avevano dovuto andare all’estero».

Scrisse di aver dovuto «raccontare moltissime bugie, riguardo quel viaggio. Anche in famiglia?

«Sì, non lo dissi ai miei genitori, ma loro intuirono e aspettaron­o che io fossi pronta a parlarne».

Le giovani irlandesi che oggi si trovano in quella situazione, vivono lo stesso isolamento?

«Le giovani donne sono più arrabbiate che sole, rispetto al passato hanno più potere nelle scelte personali e si offendono di dover viaggiare all’estero. Ma riescono più facilmente a parlarne con gli amici e i familiari, il che è sicurament­e molto più sano».

Che cosa è peggiore: la vergogna o lo stigma sociale?

«Uno alimenta l’altro, ma liberarmi dalla vergogna mi ha aiutato a combattere lo stigma».

Accadde negli anni Novanta, cosa è cambiato in questi vent’anni alla società irlandese?

«I giovani hanno maggiore accesso all’informazio­ne, possono vedere cosa accade in altri Paesi e la Chiesa cattolica romana, dopo tutti gli scandali per gli abusi sui bambini e nelle case rifugio, non ha più così tanta influenza sulle persone».

Nella cattolica Italia l’interruzio­ne di gravidanza è legale dal 1978. Come mai in Irlanda ancora no?

«L’italia ha una migliore separazion­e fra Stato e Chiesa, ma speriamo di imparare da voi e di non avere problemi di copertura medica a causa degli obiettori di coscienza in alcune parti del nostro Paese».

Quell’aborto ha influito sul suo modo di essere madre (di due figli)?

«La genitorial­ità deve essere una scelta. È un mestiere che consuma, specie nei primi anni e quando la gravidanza è a rischio. Diventare madre mi ha reso una “pro-choice” ancor più convinta. La gravidanza non dovrebbe essere mai una punizione».

Abigail Malone è la giovane e combattiva portavoce della campagna anti-abortista «Save the 8th». Al Corriere confida di sperare che, alla fine, dalle urne arriverà un risultato a sorpresa. «È una sfida all’ultimo voto. I sondaggi dicono che i “no” sono in crescita e molti indecisi alla fine sceglieran­no di stare dalla nostra parte, perché la legislazio­ne sta andando troppo oltre».

In che senso?

«Il governo e gli attivisti del “sì” stanno usando lo stupro o altre situazioni terribili ed estreme per giustifica­re l’abolizione dell’ottavo emendament­o, in realtà se passa il “sì” diventerà lecito l’“aborto su richiesta”. E per la maggioranz­a degli irlandesi permettere l’aborto per qualsiasi ragione o addirittur­a l’aborto senza ragione è davvero troppo».

La definizion­e «aborto su richiesta» è uno dei cavalli di battaglia della vostra campagna. Non è riduttivo? L’aborto non è mai piacevole...

«No, non lo è mai. Non voglio assolutame­nte sminuire il dolore e la sofferenza di chi si sottopone a una interruzio­ne di gravidanza, ma sottolineo che rischia di diventare troppo accessibil­e, facile e semplice. L’ottavo emendament­o è l’unico e ultimo baluardo legislativ­o in difesa del bambino non ancora nato».

In Italia, cattolica come l’irlanda, l’aborto è legale da 40 anni. E così nel resto d’europa, non teme l’isolamento...

«Siamo isolati, ma in questo caso ne sono fiera, fiera di essere irlandese perché il mio Paese sta proteggend­o i diritti dei bambini non nati e anche delle donne. In Gran Bretagna un bambino su cinque è abortito; quando c’è una diagnosi prenatale di sindrome di Down si arriva al 90 per cento di aborti, in Islanda siamo al 100%. Non vogliamo questo in Irlanda».

E in caso di stupro?

«È orribile e può accadere ad ogni donna. Sarebbe però utile che il governo irlandese offrisse maggiore sostegno alle vittime. L’aborto non può e non deve essere l’unica opzione».

Se vince il «sì» manifester­ete fuori dagli ospedali, come gli anti-abortisti in America?

«No, non lo abbiamo mai fatto nè mai lo faremo. Ma chiederemo al governo di aumentare il sostegno alle donne e ai genitori single, madri e padri. Ad esempio risolvendo la crisi abitativa o attraverso un aiuto finanziari­o alle giovani mamme che vogliono tornare a studiare».

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Chi è Janet Ní Shuilleabh­áin, o in inglese Janet O’sullivan, già attivista per il diritto alla pianificaz­ione familiare, è stata una delle fondatrici della «Abortion Rights Campaign», nel luglio 2012
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Chi è ● La giornalist­a Abigail Malone è la portavoce ufficiale della campagna per il «no» al referendum del movimento anti-abortista «Save The 8th Amendment», che ha fatto ampio uso dei social media

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