Diciamo «grazie» 4 volte più dei russi Ma gli inglesi superano tutti
Il caso della lingua senza parole di gratitudine
le risse politiche, i talk show trasformati in giochi gladiatori, le contumelie a profusione sui social media, ce la battiamo alla pari con i campioni mondiali della gentilezza pubblica (almeno a parole).
Lo studio si è concentrato sui comportamenti nei Paesi sviluppati, ma anche presso tribù indigene dell’australia e del Sudamerica. I ricercatori hanno collezionato ore e ore di filmati di persone che interagivano in situazioni quotidiane: 1.057 conversazioni registrate con telecamere e microfoni piazzati in case e luoghi di riunione, generalmente fra persone che si conoscevano bene, come familiari o amici.
E contrariamente al mito del buon selvaggio, è venuto fuori che i Chachi dell’ecuador sono i più «scostumati». Non dicono mai grazie, ma proprio mai, tanto che nella loro lingua non c’è neppure la parola.
Abbastanza grezzi anche i russi: «spasibo» è vocabolo raro. Ma c’è da capirli: dopo essere passati dagli zar a Stalin a Putin, gli è rimasta poca voglia di dire grazie. E chi ha frequentato la Russia post-sovietica sa che homo homini lupus è la regola generale. Anche peggio fanno i polacchi, altra nazione tartassata dalla storia: di spartizione in spartizione, Frequenza delle espressioni di gratitudine dopo una risposta positiva si sono persi per strada la cortesia.
Il primato degli inglesi non stupisce, considerato che pure il British Council, l’ente culturale britannico, pubblica una guida per aiutare i turisti stranieri a districarsi fra le regole d’etichetta d’oltremanica: e oltre a raccomandare di «non saltare mai la fila», si sottolinea che «non si può mai dire thank you troppe volte». Tanto che nello studio