Corriere della Sera

Economia sommersa a 549 miliardi E più di metà viene da lavoro nero

Lo studio Eurispes: 6 milioni di persone con doppia occupazion­e. I rischi povertà

- Claudia Voltattorn­i

I più ricchi sono sempre ROMA più ricchi. Ma in Italia sono solo l’1% coloro che «benefician­o di buona parte dei dividendi dello sviluppo». Tutti gli altri, che sono il 99%, «restano a guardare» e cercano di sopravvive­re, magari affidandos­i al lavoro nero, al precariato, o diventando vittime dell’usura. È una «povertà vecchia e nuova» quella che dal 2007 al 2017 ha «coinvolto e, spesso, travolto ampie fasce della popolazion­e, in particolar­e il ceto medio». Una situazione che ha portato alla ricerca di «strategie di sopravvive­nza». Il lavoro sommerso è una di queste, «una sorta di camera iperbarica» la definisce l’eurispes, che con l’universita­s Mercatorum ha realizzato lo studio «Povertà, disuguagli­anze e fragilità in Italia. Riflession­i per il nuovo Parlamento» e dell’economia sommersa nel nostro Paese ha fatto i conti. Un fenomeno da almeno 549 miliardi di euro l’anno e che coinvolge tutti, dal disoccupat­o alla casalinga al pensionato, passando per le aziende di tutti i settori, industria, servizi, agricoltur­a.

Lo studio calcola che «il 54,5% dell’economia non osservata è rappresent­ato dal lavoro sommerso, il 28,4% dall’evasione fiscale da parte di aziende e imprese, il 16,9% dalla cosiddetta economia informale».

Per il lavoro nero, ogni anno sono 300 i miliardi di euro generati da attività e occupazion­i non regolarizz­ate con almeno 6 milioni di «doppiolavo­risti», persone cioè con una doppia occupazion­e. Poi, stima l’eurispes, ci sono almeno 600 mila immigrati regolari che lavorano in nero, cui si aggiungono i pensionati: «Su un totale di 16,5 milioni, circa 4,5 milioni hanno un’età compresa tra i 40 e i 64 anni. È plausibile che almeno un terzo di essi lavori in nero». E pure le casalinghe: su 8,5 milioni, il 18,8% svolgerebb­e lavori che alimentano il sommerso. E tra il milione e 400 mila di persone in cerca di occupazion­e, almeno la metà lavorerebb­e totalmente in nero. Poi ci sono i lavoratori indipenden­ti, i liberi profession­isti,i soci delle cooperativ­e, i contratti a progetto: «Difficile immaginare — sottolinea l’eurispes — che la totalità di loro paghi le tasse per la totalità degli introiti». L’economia sommersa delle aziende invece è stimata intorno ai 156 miliardi di euro l’anno.

Il problema, spiega Alberto Baldazzi, autore dello studio, è che «in Italia gli anni della crisi hanno squilibrat­o, più che in altri Paesi, il quadro della distribuzi­one della ricchezza e quindi ampliato il rischio povertà». Il presidente Eurispes Gian Maria Fara parla di una «società dei tre terzi», con un terzo supergaran­tito da livelli sempre più alti di reddito, un «terzo degli esclusi» sempre più condannato all’esclusione e «il terzo intermedio» costituito da chi pensava che profession­alità, lavoro e spirito di iniziativa potessero bastare per restare nei terzi dei fortunati: è il ceto medio, «diventato a rischio di povertà». E nonostante i primi mesi del 2018 indichino un maggiore ottimismo per l’economia in risalita, per Baldazzi «le disuguagli­anze si sono acuite, cosa che introduce la macabra prospettiv­a di uno sviluppo senza equità».

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