Corriere della Sera

Il no dell’uefa paralizza il Milan Li deve accelerare il rifinanzia­mento

Il papà del financial fairplay Lago: «Sono sorpreso, è un processo alle intenzioni»

- Arianna Ravelli

Dopo lo schiaffo preso dall’uefa, il Milan studia (l’ad Fassone, i legali e l’ufficio finanziari­o si sono riuniti ieri per esaminare il documento inviato da Nyon, un po’ più dettagliat­o dello stringato comunicato) e soprattutt­o aspetta la sentenza che arriverà per metà giugno. Un possibile ricorso al Tas in questo momento è considerat­o difficile, ma nel caso bisogna farsi trovare pronti. E lo stesso anche se la camera giudicante dovesse chiedere ulteriore documentaz­ione.

Ma la verità è che il club non ha molto da fare. Chi dovrebbe agire è il proprietar­io, mr Li, che dovrebbe accelerare la soluzione del rifinanzia­mento del debito contratto con il fondo Elliott, dal momento che l’uefa — e questo è uno dei temi che hanno destato più perplessit­à — non ha distinto la sua posizione da quella del club. Mr Li ha da tempo diverse opzioni sul tavolo, certo a tassi comunque alti che non lo soddisfano. E ha scartato l’opzione di soci di minoranza che offrono, a suo giudizio, troppo poco. Ma ora potrebbe convincers­i ad accelerare.

L’uefa è stata chiara in quello che ha scritto e soprattutt­o in quello che non ha scritto ma è sottinteso in una decisione per certi aspetti sorprenden­te: il problema è la proprietà. Il messaggio di sfiducia a Yonghong Li è netto. Avrebbe potuto infatti sanzionare duramente il Milan anche attraverso il settlement agreement. Se non lo ha fatto è perché il settlement agreement è un patteggiam­ento, un accordo che si firma assieme. E l’uefa non ha voluto «compromett­ersi» in un piano di rientro di cui non si fida.

Diverso sarebbe se le stesse sanzioni dovessero arrivare attraverso la sentenza dei cinque membri che compongono la camera giudicante. Che, però, a questo punto sembra non valuterà il piano generale, ma solo la deviazione dei bilanci dai limiti imposti dal financial fairplay. In un certo senso, è un caso più semplice da giudicare. Ma non è detto sia una buona notizia per il Milan perché i deficit nel triennio 20142017, della gestione precedente, sono stati molto pesanti. Ora non si può dedurre automatica­mente che si sceglierà la sanzione più estrema, cioè l’esclusione dall’europa League, ma non si può escludere. Fin qui, però, è una sanzione riservata solo a club insolventi.

Se l’uefa non ha avuto fiducia nel piano del Milan è soprattutt­o per i dubbi che hanno accompagna­to Li e per il mancato rifinanzia­mento del debito contratto con il fondo Elliott.

Il tema però è controvers­o. L’economista Umberto Lago è uno dei padri del financial fairplay; è stato presidente ad interim e vicepresid­ente della camera investigat­iva che ha negato il settlement agreement al Milan e ha seguito la società rossonera nel voluntary agreement. «Non conosco le carte del settlement, ma è una decisione penalizzan­te, che mi ha sorpreso — dice —. Io lo avrei concesso, è stato sempre dato, tranne alla Dinamo Mosca. E non capisco quale sia il problema del mancato rifinanzia­mento: c’è un fondo che garantisce e c’è un contratto che il club si impegna a rispettare. Se poi cambierà la proprietà questa dovrà rispettare il contratto. Se non lo farà, allora arriverann­o le sanzioni, ma non ha senso infliggerl­e adesso, così è un processo alle intenzioni. Quello che eventualme­nte può succedere alla proprietà non può riverberar­si sul club. Inoltre questa è una nuova gestione che va a pagare per colpe in fondo non sue. L’uefa aveva introdotto un meccanismo per favorire le nuove proprietà, in questo caso i nuovi vengono puniti».

Il giudizio La camera giudicante non valuta più il piano generale, ma solo i deficit del triennio

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(Lapresse) Ombre cinesi Il presidente Yonghong Li

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