Senza continuità ma guai a darlo fuori dai giochi
Dottor Chris e Mister Froome. La continuità non è stata il forte dell’uomo dei 4 Tour, alle prese con un Giro d’italia ben più scorbutico di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Non c’è salita che il vero Froome tema, né lo sterrato del Colle delle Finestre domani (che mise in difficoltà anche un pistolero come Alberto Contador in una tappa in cui Fabio Aru era ancora Fabio Aru) né lo Jafferau. Ma il suo alter ego, quel tizio allampanato e pallido che si è presentato a Gerusalemme sfracellandosi in curva nella ricognizione della crono e poi si è ripetuto sul Gran Sasso (sul bagnato), è davvero capace di tutto. «Faccio fatica a capirlo — ha detto il saggio Pozzovivo riassumendo il pensiero di tutti —. Ha fatto un Giro in altalena». Froome, questo Froome inevitabilmente distratto dal caso salbutamolo in attesa di giudizio che si porta dietro come una zavorra (e che mette a rischio il suo risultato), fa fatica a capire se stesso. Ha perso secondi su salite che un tempo avrebbe divorato, ha spianato lo Zoncolan con frullate d’antan e il giorno dopo ha pagato lo sforzo a Sappada. Mah. La crono di Rovereto l’ha tenuto in corsa per un podio a Roma che non sfaterebbe la maledizione del Team Sky al Giro. 3’50” di distacco dalla maglia rosa Simon Yates chiamerebbero fuori dai giochi qualsiasi rivale. Però non Chris Froome. Quello doc? Quello taroccato al mercatino dei falsi? Ci vorrebbe la palla di cristallo. Lo scopriremo solo pedalando (in salita).
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