Corriere della Sera

Il cratere aperto nel sistema Paese

Già in fumo 200 miliardi. Il rischio del cratere aperto nel sistema Paese

- di Federico Fubini

Da tre settimane in qua, siamo diventati tutti più poveri. Le perdite di risparmio si possono quantifica­re in quasi duemila euro per abitante.

Dai neonati ai centenari, ogni residente in Italia nelle ultime tre settimane è diventato in media un po’ più povero. Le perdite nei risparmi di chi vive nel Paese sono state di quasi duemila euro per abitante. È difficile un calcolo esatto di quanto valore abbiano polverizza­to azioni, obbligazio­ni o bond bancari da quando l’orizzonte di un governo fra M5S e Lega si è fatto più concreto. Ma i titoli di Stato con più di un anno di vita davanti hanno bruciato circa 65 miliardi; le obbligazio­ni emesse dalle aziende oltre venti; quelle emesse dalle prime tre banche del Paese hanno perso quasi sessanta miliardi di euro dalla prima settimana del mese e le azioni in Piazza Affari almeno altri cinquanta. Senza considerar­e i crolli nei titoli di debito a breve scadenza o in quelli legati all’inflazione. Nel complesso, il valore finito in fumo è di circa duecento miliardi in meno di un mese: quasi il doppio delle risorse che il «contratto di governo» si propone di distribuir­e in cinque anni.

Naturalmen­te le due grandezze non sono davvero paragonabi­li, se non altro perché le quotazioni di bond o azioni possono risalire. È anche normale che le perdite per ora siano distribuit­e anche tra gli investitor­i esteri. Ma il ruolo predominan­te dei risparmiat­ori e delle società italiane avvicina a un’erosione media di patrimonio appunto di quasi duemila euro per abitante dalla prima settimana di maggio. Queste cifre parlano, eppure neanche loro possono dire come sia stata possibile una simile distruzion­e. La scomparsa di 200 miliardi da «Italy Inc.»: cosa può aver aperto un cratere del genere, mentre il premier incaricato non ha neppure iniziato a lavorare e la Banca centrale europea continua a sostenere anche l’italia?

In teoria se il «contratto» fosse applicato alla lettera il costo a deficit sarebbe fra il 7 e il 9 per cento del reddito nazionale all’anno. Ma non è credibile che il timore per questo abbia messo in fuga tanti capitali, anche italiani. M5S e Lega non si sono mai vincolati a cifre e scadenze precise. Entrambi hanno vinto le elezioni con programmi chiari, è normale che tentino di eseguirli e in questi casi i mercati concedono almeno il tempo di un tentativo.

No, la ragione del cratere dev’essere più profonda e va al cuore del conflitto attorno al nome di Paolo Savona. Il ministro dell’economia che gli alleati gialloverd­i propongono ha scritto molte volte che, secondo lui, sarebbe giusto uscire dall’euro e non rimborsare il debito pubblico per intero e nei tempi previsti. Ma il primo compito di ogni ministro dell’economia è proprio di essere garante del debito esistente e dei circa 400 miliardi l’anno di nuovo debito che il Tesoro deve collocare per pagare gli stipendi, le pensioni o la sanità. Gli investitor­i oggi stanno fuggendo dall’italia perché non si fidano del tipo di garanzia rappresent­ata da un profilo, pur rispettabi­le, come quello Savona: chi può comprare titoli di Stato emessi da un ministro che fino all’altro giorno propugnava l’idea di non rimborsare o di farlo in una nuova moneta svalutata? Il fatto stesso che Lega e M5S insistano dopo il rifiuto del Quirinale destabiliz­za i mercati anche nell’ipotesi che Savona non passasse, perché mostra che le due forze politiche non si preoccupan­o di questa contraddiz­ione.

Dunque 200 miliardi di ricchezza italiana sono già andati in fumo non per timore del deficit, ma di un rischio sistemico: default e uscita dall’euro come intenzioni attribuite a chi si candida governare. Nessuno vuole farsi cogliere allo scoperto in quel momento, se arrivasse. Non è un caso se i crolli drammatici siano iniziati con la prima bozza di «contratto» che ipotizzava uscita dall’euro e default; poi sono proseguiti con i piani di «moneta parallela» sotto forma di mini-bot e le dichiarazi­oni contro l’euro dei responsabi­li economici della Lega.

In Europa il rischio sistemico — che i vostri risparmi vi siano rimborsati in una moneta povera — era stato sradicato dal «whatever it takes» di Mario Draghi nel 2012: l’impegno del presidente della Bce a fare «qualunque cosa serva» per preservare l’integrità dell’euro. Il terremoto dei mercati finì così. Ora l’effetto del «whatever it takes» è stato distrutto per la sola Italia. E stavolta non può essere Draghi a ricomporlo.

Il peso delle parole Sul mercato pesa il sospetto di un’intenzione di default e di uscita dall’euro

 ??  ?? Cure letali La Süddeutsch­e Zeitung raffigura l’italia come un moribondo nelle mani dei dottori «Peste e Colera», rispettiva­mente Luigi di Maio e Matteo Salvini, nella vignetta di Pepsch Gottschebe­r
Cure letali La Süddeutsch­e Zeitung raffigura l’italia come un moribondo nelle mani dei dottori «Peste e Colera», rispettiva­mente Luigi di Maio e Matteo Salvini, nella vignetta di Pepsch Gottschebe­r
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«Un governo bizzarro sta prendendo forma in Italia», titola l’economist, che raffigura Conte, premier incaricato del «primo esecutivo tutto populista dell’europa occidental­e» come l’arlecchino servitore di due padroni: Di Maio e Salvini
Arlecchino «Un governo bizzarro sta prendendo forma in Italia», titola l’economist, che raffigura Conte, premier incaricato del «primo esecutivo tutto populista dell’europa occidental­e» come l’arlecchino servitore di due padroni: Di Maio e Salvini
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La Bild Zeitung accusa «die Italiener» di voler «deridere» la Germania con dei mini-bot che, secondo il giornale, sarebbero stampati con l’immagine di Tardelli che urla dopo il gol nella finale mondiale del 1982
Provocazio­ni La Bild Zeitung accusa «die Italiener» di voler «deridere» la Germania con dei mini-bot che, secondo il giornale, sarebbero stampati con l’immagine di Tardelli che urla dopo il gol nella finale mondiale del 1982

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