Cancellare Elisa e la sua libertà Le spara, si spara
Pisa, l’appostamento sotto casa e la corsa in auto. Trovati entrambi morti in un parcheggio
Non accettava la fine della relazione, chiusa addirittura un anno fa. È andato sotto casa della ex, l’ha obbligata a salire in auto e l’ha uccisa, subito o in un parcheggio di San Miniato. Dove ha rivolto l’arma su di sé e si è tolto la vita. Elisa aveva 30 anni. Federico, l’assassino, calciatore di serie C e D, 25.
Federico aveva premeditato tutto. Con una lucida spietatezza che oggi nessuno riesce a spiegarsi. Lui, che non amava pistole e fucili, aveva preso il porto d’armi sportivo e acquistato una calibro 9 di fabbricazione cecoslovacca una settimana fa e poi si era messo a spiare Elisa senza che nessuno se ne accorgesse. E alla vigilia del suo 25esimo compleanno, dopo aver cenato con i genitori e il fratello minore, si è diretto verso casa della sua ex.
Federico Zini, 25 anni, pisano, calciatore professionista, ha aspettato fino alle 3 e mezzo della notte che Elisa Amato, 30 anni, pratese, commessa a Firenze, rientrasse nell’abitazione dei genitori a Galciana, una frazione di Prato. Poi quando è arrivata con la sua Opel Corsa, dopo una serata trascorsa a Firenze con gli amici, le ha chiesto di fermarsi. Un litigio, le urla che svegliano i vicini, poi due, forse tre colpi sparati al torace della ragazza. Infine, dopo una corsa di cinquanta chilometri (da Prato a San Miniato, in provincia di Pisa) con il cadavere dell’ex fidanzata accanto, la decisione di uccidersi sparandosi l’ultimo colpo alla tempia.
Un testimone che abita nel palazzo di Elisa a Galciana, una frazione di Prato, racconta: «Ho visto una ragazza a terra e un uomo che la prendeva a calci. Poi l’ha caricata sull’auto, dalla parte del guidatore, ero preoccupata ma non pensavo fosse morta ma solo a un litigio violento».
Stavolta non è solo la cronaca di un nuovo femminicidio-suicidio, ma la storia inquietante di una tragedia ancora misteriosa in alcuni aspetti. Le prime indagini dei carabinieri del nucleo operativo di Pisa e San Miniato, coordinati dal maggiore Giovanni Bartolacci, non descrivono episodi di stalking e minacce.
«Sarebbe bastata una segnalazione per non concedere e semmai revocare immediatamente il porto d’armi sportivo al giovane e invece non è arrivato niente», spiegano gli investigatori. Eppure alcuni amici della ragazza parlano di una situazione pesante che andava avanti da tempo: continue telefonate, messaggi, pedinamenti.
«Eravamo tutti preoccupati e probabilmente abbiamo dato fiducia a una persona, Federico, che non meritava», racconta Anna, un’amica. Drammatica la testimonianza di Francesca F., una vicina di casa di Elisa: «Pochi giorni fa avevo detto alla mamma della giovane che quello era un ragazzo pericoloso, di stare attenta», ha detto la donna senza però spiegare altro.
Di certo c’è che da quando si erano lasciati, poco più un anno fa, Federico era diventato ossessivo. Non si era però mai confidato né con il fratello (che viveva con lui insieme ai genitori) né con gli amici e i compagni di squadra. «Era un ragazzo d’oro, a noi sembrava sereno — racconta un compagno —. Gli avevamo appena rinnovato il contratto ed era convinto che sarebbe stato il suo anno e da attaccante centrale avrebbe fatto un sacco di gol». Venerdì sera aveva cenato con i genitori (il padre è un giornalista molto conosciuto a San Miniato) e il fratello. Aveva scherzato, sorriso, giocato con il labrador nero e poi aveva detto alla mamma che avrebbe fatto tardi. È uscito di casa con la pistola in tasca.
L’arma
Lui aveva preso il porto d’armi e acquistato da pochi giorni una pistola