La via degli abbonamenti digitali Gli editori a confronto sul futuro
Cairo: i media italiani riflettano, dare i contenuti gratis non fa bene a nessuno
● L’osservatorio è presieduto da Andrea Ceccherini BAGNAIA (SIENA) La via maestra, per uscire dal tunnel della crisi dell’editoria internazionale, non solo è stata tracciata ma è già stata percorsa da diversi colossi editoriali negli Stati Uniti.
A dare le coordinate — durante la due giorni di Bagnaia organizzata dall’osservatorio permanente giovani-editori — sono stati i top manager e i direttori dei più prestigiosi quotidiani americani che, supportanti dai bilanci, hanno spiegato come sia cambiato radicalmente il sistema dei ricavi editoriali: non arrivano più in modo preponderante dalla pubblicità ma dagli abbonamenti, specialmente, quelli digitali. Questo perché si è puntato tutto sulla qualità del giornalismo, investendo capitali e sulla creazione di una comunità di lettori che vengono raggiunti sulle piattaforme dove preferiscono ricevere le notizie.
Così, il Washington Post o il New York Times hanno ripreso a macinare utili dopo anni bui. Una strategia che si sta iniziando ad attuare anche in Italia. «Dobbiamo stare al passo con i tempi, continuando a fare grandi investimenti perché come hanno sottolineato anche i direttori dei giornali americani — ha spiegato Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di Rcsmediagroup — bisogna accontentare i lettori seguendo le loro abitudini: se uno preferisce leggere le notizie sullo smartphone o sul pc, non possiamo imporre loro il nostro modo di vedere l’editoria».
Con gli Usa ci sono similitudini e differenze. «Il successo digitale del New York Times è favorito anche dal grande bacino di lettori che parlano inglese nel mondo ma arriveremo presto al momento in cui il digitale supererà il cartaceo — prosegue Cairo — che, però, non bisogna trascurare perché oggi rappresenta il grosso dei ricavi. Di certo, gli editori italiani dovrebbero riflettere sul fatto che fornire contenuti gratis su Internet non è la strada giusta perché se questo diventa lo standard Sul palco Il presidente e amministratore delegato di Rcs Urbano Cairo durante il suo intervento a Bagnaia
di mercato poi quando uno diventa a pagamento, tutto ha una realizzabilità minore».
L’esperienza del Corriere è positiva: ha 100 mila abbonati digitali, di cui 46 mila al sito e i ricavi digitali del 2017 sono (foto Agf)
saliti del 37 per cento rispetto al 2015 — anno in cui è stato adottato il sistema a pagamento per il sito — e grazie al lancio di Economiapro e Archiviopro. Per Cairo, la formula vincente passa pure dal prezzo contenuto: «Mi sono opposto all’aumento del Corriere e di Marca in Spagna ma una remunerazione deve esserci e dovrà poi essere affrontato, a livello mondiale, il tema del diritto d’autore perché alcuni contenuti sono riproposti in Rete gratis da altre aziende, senza che sia pagato nulla agli autori».
In un settore che sta cambiando velocemente, però, ci sono dei punti fermi. «Ci sono tanti modi e sempre più tecnologici di dare le notizie — conclude Cairo — ma è importante restare ancorati ai valori di sempre: dire la verità ai lettori e fare domande, anche scomode e se c’è un giornalista scomodo che fa domande io lo assumo». Anche
Gli editori dovrebbero riflettere sul fatto che fornire contenuti gratis su Internet non è la strada giusta. Se questo diventa lo standard poi quando uno diventa a pagamento, tutto ha realizzabilità minore
Ci sono tanti modi e sempre più tecnologici di dare le notizie ma resta importante restare ancorati ai valori di sempre: dire la verità ai lettori e fare domande, anche scomode
Le sinergie
Il presidente della Fieg Costa: «Ora c’è più sintonia con i grandi player di Internet»
per Marco De Benedetti, presidente di Gedi — intervistato da Ferruccio de Bortoli — , si sta cambiando rotta e ci sono esempi positivi in altri settori come nel mercato della musica che ha incontrato, prima dell’editoria, il digitale: «C’è stato un grande caos con contenuti gratis ma poi è nato un mercato nuovo, dove gli operatori guadagnano e si stanno imponendo nel digitale».
Per Maurizio Costa, presidente della Fieg: «Rispetto a anni fa c’è sintonia tra editori e i big della Rete sull’importanza dei contenuti e per l’editoria, che ha subito colpi rilevanti, ora si intravede un modello di business sostenibile per il futuro». Per Franco Moscetti, ad de Il Sole 24 Ore, «l’errore grave è stato immaginare che la digitalizzazione significasse trasferire il giornale di carta sul web». Infine, per Andrea Riffeser Monti, ad della Poligrafici Editoriali, «i quotidiani a pagamento sono molto più valorizzati mentre quelli gratis sono crollati perché non hanno credibilità».