Corriere della Sera

Alla Biennale la Svizzera fa la parte del Leone

Premio al padiglione elvetico nell’edizione curata dalle dublinesi Grafton. Migliore architetto il portoghese de Moura

- Dal nostro inviato Pierluigi Panza

VENEZIA Cioccolato svizzero? No, dal 2018 la Biennale incorona l’elvezia patria dell’architettu­ra e, in particolar­e, quella che si potrebbe chiamare la Scuola di Mendrisio. A vent’anni dalla fondazione dell’accademia nel Canton Ticino le curatrici di questa edizione, le dublinesi Grafton, docenti proprio a Mendrisio, hanno invitato numerosi architetti della scuola, dal fondatore Mario Botta, al direttore Riccardo Blumer, ad Aurelio Galfetti, a Valerio Olgiati, le cui colonne chiudono le Corderie dell’arsenale. Lo spazio più significat­ivo del Padiglione centrale ai Giardini è pure dedicato allo svizzero Peter Zumthor. Molti altri architetti elvetici sono in mostra. E ieri — primo giorno, 7 mila visitatori — la giuria ha assegnato il Leone d’oro per il miglior Padiglione nazionale alla Svizzera. È un percorso dove ci si sente fuori scala come nei viaggi di Gulliver e che, in forma giocosa, invita a riflettere sulle dimensioni degli spazi domestici.

Per gli architetti, Leone d’oro al portoghese Eduardo Souto de Moura, già Piranesi Prix de Rome 2017 alla carriera e qui celebrato per l’installazi­one all’arsenale. Ha inoltre realizzato una delle dieci cappelle che costituisc­ono il Padiglione Vaticano, curate da Francesco Dal Co e inaugurate dal cardinale Gianfranco Ravasi. Qualcuno ha fatto notare che il Vaticano ha proposto cappelle che prendono spunto da quella luterana di Asplund. Potrebbero restare dopo la chiusura della Biennale (25 novembre).

Leone d’argento «giovani promesse» a un gruppo di fiamminghi guidati da Jan de Vylder di Gand, docente a Zurigo (Svizzera). Menzione speciale anche per il Padiglione «Island» della Gran Bretagna, che svuota il Padiglione stesso in omaggio al tema della XVI Biennale, «Freespace», anche alludendo alla Brexit.

Il premio alla carriera è andato a Kenneth Frampton, storico dell’architettu­ra alla Columbia. Le Grafton hanno sottolinea­to la «importanza del suo ruolo e la sua umanistica visione dell’architettu­ra» che è quella che ispira la Scuola di Mendrisio in alternativ­a a quella dei politecnic­i.

Tanti applausi ma anche qualche commento perplesso, come quello di Mirko Zardini, direttore del CCA, uno dei maggiori archivi di architettu­ra del mondo. «Come ispiratore del Regionalis­mo critico, Frampton lo è anche delle Grafton. Come Padiglione avrei premiato Israele». Ma anche Rem Koolhaas, nella scorsa Biennale, aveva premiato una non architetto, l’influente Phyllis Lambert e Aaron Betsky, curatore di alcune Biennali fa, aveva premiato il suo maestro Frank O. Gehry.

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Il Padiglione della Svizzera intitolato House Tour (foto courtesy la Biennale)

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