Nozze combinate a 10 anni, la madre strappa i documenti «Non andrà in Bangladesh»
Milano, la bimba lo avrebbe confermato al giudice
Nella stanza il giudice e gli assistenti sociali si muovono piano, con estrema prudenza, misurano le parole, il tono della voce. L’espressione dei loro visi è rassicurante. Decifrare la verità dai racconti di una bambina di 10 anni è un’operazione molto delicata: basta un errore, una forzatura, poi sarà difficile riconquistarne la fiducia.
Perché Shaila (il nome di fantasia che le ha dato Il Giorno, anticipando la storia) ha soltanto 10 anni. È nata in Bangladesh, ma vive a Milano con i genitori. Il suo destino sembrava già scritto, secondo un copione drammaticamente visto troppe volte da quelle parti: nel suo Paese d’origine avrebbe dovuto sposare un parente 22enne del padre.
Lui aveva già organizzato il viaggio. Era tutto pronto, nei minimi dettagli: i biglietti aerei già acquistati per l’intera famiglia, che sarebbe dovuta volare in Bangladesh per celebrare le nozze della piccola, i passaporti in regola.
Poi, il colpo di scena. La storia, a sorpresa, prende un’altra piega: Malijha, la madre 41enne della piccola, si ribella. In un estremo tentativo di salvare la figlia dal padrepadrone e da quel futuro già segnato strappa i passaporti per impedire a Shaila di lasciare l’italia. Forse, così, riscattando anche se stessa, che una decina di anni fa era stata costretta a sposare quell’uomo che le era stato imposto, che non aveva scelto lei.
Esplode una violenta lite, «l’ennesima», spiegherà la donna agli inquirenti milanesi che ora stanno cercando di ricostruire i particolari della vicenda e il contesto familiare in cui è maturata. Partendo proprio da Shaila, che, ascoltata in un’audizione protetta, avrebbe confermato.
Malijha ha trovato la forza di denunciare il marito per maltrattamenti, riuscendo a liberarsi dal peso del dolore e della paura di una quotidianità fatta di abusi e violenze: «Una sera mi ha aggredita perché mi ero permessa di cucinare senza la sua autorizzazione — dice —, ha impugnato un coltello e ha cercato di colpirmi, ferendomi al palmo della mano».
Poi, racconta che lei e la bimba erano costrette a vivere segregate in casa, alla bambina non era nemmeno permesso di frequentare la scuola, passava la sua giornata studiando e imparando le sure del Corano.
Lui smentisce. Ribatte che Malijha si è inventata tutto, che quella sera è stata lei a ferirsi da sola pur di poterlo incolpare e liberarsi di lui.
Ora madre e figlia sono ospiti di una casa d’accoglienza e sono seguiti dai servizi sociali.
La storia della piccola Shaila e di Malijha è diventata anche un caso politico, oltre che giudiziario. «Femministe e buonisti resteranno in silenzio per non rovinare la narrativa della bellezza dell’accoglienza e dell’integrazione», attacca la leader di Fratelli d’italia, Giorgia Meloni. «Vogliamo denunciare chi tollera che anche in Italia si diffonda una cultura che considera le donne oggetti e merce di scambio. Nessuno spazio per chi non condivide le nostre leggi e la nostra civiltà».
«Quante Shaila ci sono in Italia? E quante Malijka non hanno la forza di opporsi ai loro mariti?», si domanda l’azzurra Mara Carfagna, vice presidente della Camera. E lancia la proposta di «una legge che vieti, con dure sanzioni, ogni forma di matrimonio forzato a chiunque risiede in Italia, qualsiasi sia la sua nazionalità d’origine. Serve protezione per le bambine e per le madri».
Mara Carfagna «Quante Shaila ci sono in Italia? Quante madri non hanno la forza di opporsi ai loro mariti?»