Corriere della Sera

Il Conte fu

- di Massimo Gramellini

Benché non se ne parli già più, vorrei sottoporvi il destino di uno stimato professore di diritto, uno che fino alla settimana scorsa non aveva una pagina di Wikipedia a suo nome e che dalla sera alla mattina si è ritrovato sotto i riflettori della curiosità senza neanche avere ucciso qualcuno. Era stato candidato a presiedere il governo. E non un governo qualsiasi, ma un gabinetto rivoluzion­ario, che quasi stonava con la sua faccia mite.

L’uomo invisibile, che fino al giorno prima girava in Jaguar e veniva riconosciu­to al massimo dagli autovelox, finisce scaraventa­to dentro un luna park emotivo di cui fanno parte l’assedio dei giornalist­i, i saluti irrigiditi dei corazzieri e i viaggi estenuanti su taxi scortati. La Jaguar, inadatta a questi tempi ipocriti, viene occultata prudenteme­nte in garage, ma la sua vita, fin qui ignota ai più, diventa oggetto di attenzioni morbose. I ritocchi migliorati­vi del suo curriculum trovano spazio sul New York Times e Fiorello lo imita (benissimo) alla radio. Poi arriva la domenica e l’ultimo politico profession­ista su piazza — che si chiama ancora Matteo, ma rispetto agli anni passati ha cambiato cognome — fa scattare la trappola per infilzare l’ingenuo capo grillino e, dopo nuove elezioni, andare a comandare da solo. Lui, il professore, protagonis­ta ignaro di una probabile pantomima, non può fare altro che scendere dalla giostra e tornarsene a casa. Gli restano le foto-ricordo della settimana in cui fu famoso. E la Jaguar.

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