Dagli elogi all’«alto tradimento» Il dietrofront dei 5 Stelle sul Colle
Le accuse a Mattarella, prima lodato come «super partes»
«Una persona rispettabilissima». Anzi, «un golpista». «Un presidente simpatico», «empatico», «super partes». Anzi, «un traditore della Costituzione, fedele esecutore dei programmi della troika e dei loro scherani, che ci vogliono schiavi della supremazia delle mafiomassonerie internazionali, neoliberismo dittatoriale, banchieri di affari, multinazionali e finanza criminale». Il dietrofront del Movimento 5 Stelle sul presidente della Repubblica è clamoroso e repentino. Con un fulmineo mutamento d’opinione, mesi di elogi sperticati e di lodi incondizionate si trasformano in un profluvio di critiche e insulti.
Quando viene eletto, nel gennaio del 2015, il blog di Grillo parla di una «discreta vittoria». Perché «Mattarella è una persona rispettabilissima e, per certi versi, migliore anche di Prodi». Un documento interno M5S è un profluvio di encomi. Beppe Grillo, che aveva gratificato Giorgio Napolitano di epiteti e insulti vari («Morfeo», «carampana», «vecchio in Maserati») va all’incontro con Davide Casaleggio e esce dal Quirinale improvvisamente pacificato. Per un giorno mette da parte toni forti e battute sferzanti: «Voglio ringraziare il presidente per la simpatia». Apertura di credito che continua nei mesi successivi, anche se Grillo nel contro discorso di Capodanno si prende una licenza poetica da comico e lo definisce «un ologramma».
Decide il Colle Sui ministri non c’è nessuna discussione, i ministri li sceglie il presidente della Repubblica Luigi Di Maio, 23 maggio
I capigruppo Sorial e Castaldi, a ottobre, si dicono molto soddisfatti per «il riconoscimento del grandissimo lavoro svolto». In occasione dei 60 anni dei trattati di Roma, i deputati M5S gli tributano addirittura una standing ovation. Angelo Tofalo fa sue le parole di Mattarella, Luigi Di Maio dice di avere «fiducia» in lui, Nicola Morra gli riconosce «estrema correttezza».
I minuetti di cortesia vanno avanti a lungo. Poi la luna di miele si interrompe, con il Rosatellum. I 5 Stelle gli rimproverano
La richiesta di impeachment Mattarella ha scavalcato le sue prerogative costituzionali e ha deciso di non farci governare Luigi Di Maio, ieri
di avere firmato la legge elettorale, a loro sgradita e il più accanito è, al solito, Alessandro Di Battista: «Mattarella si scusi, neanche nelle dittature militari si toglie la parola al primo partito. E di legge incostituzionale ne ha firmata già una». Ma poi i rapporti riprendono cordiali. Il 30 maggio 2017 a «Dimartedì», Di Maio torna a toni rassicuranti: «Da quando è stato eletto, l’ho sempre visto come un presidente super partes, in grado di dare garanzie a maggioranza e minoranza».
Durante tutto il periodo seguito alle elezioni del 4 marzo, il presidente Mattarella viene più volte e a vario titolo elogiato dai 5 Stelle. Qualcuno addirittura rimprovera il capo dello Stato di avere un occhio di riguardo nei confronti del Movimento. I 5 Stelle, Di Maio ma anche Danilo Toninelli e Giulia Grillo, non dimenticano mai di ringraziare il presidente. Poi, con il no a Savona, Mattarella diventa «il traditore». Elio Lannutti parla di «discorso eversivo». Riccardo Fraccaro, finora mite fedelissimo di Di Maio, arriva quasi a minacciare: «Mattarella se ne pentirà. Non finisce qui». Massimo Bugani parla di «scelta folle» e definisce Mattarella «il nostro don Abbondio che si è chinato alla finanza». Di Battista lo definisce «un bugiardo». E ancora Lannutti lo accusa retroattivamente: «Dopo aver firmato il bail-in, esproprio criminale del risparmio, si permette di insultare i truffati affermando che vuole tutelarli con Cottarelli, mandando lo spread alle stelle. Dov’era Mattarella mentre i truffati venivano espropriati da Bankitalia e dallo Stato?». Di Maio ne chiede l’impeachment.
La stessa sorte toccò a un altro esponente illustre, che i 5 Stelle volevano candidare a presidente della Repubblica e su cui poi cambiarono idea. Acclamato sul blog e nelle strade al grido di «ro-do-tà ro-do-tà», Stefano Rodotà fu poi tristemente bollato da Grillo come «un ottuagenario miracolato dalla rete, sbrinato di fresco dal mausoleo».