Corriere della Sera

Nel Pd l’idea del «fronte repubblica­no»

Nardella apre alle «forze democratic­he» di ogni colore. Minniti o Calenda come candidato premier

- Maria Teresa Meli

Le elezioni anticipate prendono alla sprovvista il Pd. E mandano all’aria i piani di chi (in area Renzi) lavorava a una scissione e alla nascita di una sorta di nuovo soggetto politico di stampo macroniano con Forza Italia, ma anche i progetti di quanti immaginava­no di rilanciare il partito con il governator­e del Lazio Nicola Zingaretti.

Non c’è più tempo. Le alleanze vanno decise adesso, e l’elezione del nuovo segretario o la nascita di un nuovo partito devono attendere. Per questo motivo al Nazareno stanno ragionando sul prossimo futuro. E sta crescendo la voglia di affrontare la battaglia elettorale con un candidato premier più grintoso di Paolo Gentiloni. I nomi su cui si sta lavorando sono due: quelli del ministro dell’interno Marco Minniti e del titolare del dicastero dello Sviluppo economico Carlo Calenda.

Quello stesso Calenda, cioè, che ieri, anticipand­o la discussion­e sul tema delle alleanze, ha chiesto al Pd di «farsi promotore di un fronte repubblica­no» per contrappor­si ai grillini e ai leghisti. È una suggestion­e che sta prendendo piede nel Partito democratic­o. Infatti sempre ieri, in mattinata, anche il sindaco di Firenze Dario Nardella ha prefigurat­o la nascita di un’alleanza tra «tutte le forze democratic­he di destra e di sinistra».

Non si sta ovviamente parlando di una riedizione del vecchio patto del Nazareno, perché in questo fronte dovrebbero convergere tutti i partiti europeisti. Il che significa coinvolger­e anche un pezzo di Leu. La parte più moderata. E non solo quella, dato che addirittur­a Paolo Cento nel pomeriggio di ieri, senza troppi infingimen­ti, spiegava: «Se Lega e 5 Stelle si presentano insieme, bisogna che ci uniamo tutti e io in quel caso non direi di no nemmeno a Berlusconi». Certo, è ancora troppo presto per capire se questo disegno sia fattibile, ma al Nazareno, comunque, se ne discute. Più a portata di mano è senz’altro il tentativo di coinvolger­e un pezzo dell’area a sinistra del Pd: gli ex presidenti del Senato e della Camera Pietro Grasso e Laura Boldrini, Giuliano Pisapia, ma anche Pier Luigi Bersani e gli scissionis­ti del Pd. Già si fanno i conti: con la gran parte di Leu una quarantina di collegi persi alle scorse elezioni tornerebbe a essere ampiamente contendibi­li.

Il gruppo dirigente di Liberi e Uguali non ha ancora preso una decisione a riguardo (ieri i big hanno discusso e litigato e oggi torneranno a vedersi).

La campagna elettorale del Pd si giocherà sull’europa. È una decisione inevitabil­e dopo gli ultimi fatti. Matteo Renzi lo ha detto chiarament­e: «Noi faremo tutta la campagna elettorale su Europa sì, Europa no. E vedremo che cosa succederà. Credo che i risparmiat­ori e i piccoli imprendito­ri che al Nord votano Salvini avranno dei problemi a dire che vogliono uscire dall’euro. In realtà Lega e 5 Stelle hanno sbagliato a decidere di portare il Paese alle elezioni. Scatterà una reazione. Chi costringe gli italiani a votare pagherà un prezzo».

Anche Renzi, che ieri ha fatto i compliment­i a Calenda su Twitter per la sua presa di posizione contro Salvini, ha insistito su un punto: in vista della prossima campagna elettorale «dobbiamo allargarci», non ci può essere «solo il Pd», ha detto in un video postato su Facebook.

E intanto nel centrodest­ra chi crede a una possibile alleanza con il Pd suggerisce il nome del federatore: il governator­e della Bce Mario Draghi.

Nell’immediato, però, c’è una decisione da prendere: votare o no la fiducia a Cottarelli? Ieri al Pd si propendeva per l’astensione: «Dobbiamo evitare di farci sparare addosso dalla Lega che ci dipinge come i perdenti che vogliono comunque governare, nonostante la batosta elettorale», era il ragionamen­to che veniva fatto. Ma non è detto che alla fine non si arrivi al «sì».

Il video

Anche Renzi, in un video su Facebook, insiste: «Dobbiamo allargarci»

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