Corriere della Sera

Berlusconi: «Centrodest­ra unito» Due mesi per una mossa a sorpresa

Il no a Cottarelli e i timori per una rottura della coalizione. L’incontro Toti-giorgetti

- Tommaso Labate

ROMA «Ho due mesi di tempo per inventarmi qualcosa. Altrimenti...». Oltre i puntini di sospension­e del ragionamen­to che Silvio Berlusconi svolge di fronte ai suoi familiari, a Fedele Confalonie­ri e a Niccolò Ghedini durante il consueto pranzo del lunedì, c’è tutta l’ansia che attraversa Forza Italia. Soppesando costi e benefici della mancata nascita del governo Legam5s, per adesso, i primi superano i secondi. Col governo Conte in azione, per esempio, ad Arcore avrebbero rispolvera­to gli schemi provati e riprovati in allenament­o alla fine del governo Monti, che pure si sosteneva sui parlamenta­ri azzurri. E, forti della certezza che Di Maio e Salvini «si sarebbero fatti male da soli», avrebbero avuto tutto il tempo a disposizio­ne per preparare una riscossa. Magari già alle prossime Europee, con l’ex premier già pronto per una campagna elettorale a suon di preferenze nel Nord Ovest.

Il voto anticipato cambia tutto. Di polvere, nella clessidra, ce n’è pochissima. E lo spazio per aggiungern­e dell’altra non esiste. Per questo, in una nota diramata nel pomeriggio, Berlusconi toglie dai radar l’ipotesi di votare la fiducia all’esecutivo guidato da Carlo Cottarelli. «La nostra posizione non può che essere negativa», scrive in una dichiarazi­one che comprende l’analisi sul futuro del centrodest­ra. «A chi mi chiede quale sarà», parola del Cavaliere, «rispondo che alle prossime elezioni non immagino altra soluzione che quella di una coalizione con Forza Italia, Lega e Fratelli d’italia, destinata sicurament­e a prevalere anche per la possibilit­à di una mia candidatur­a».

In privato, però, i toni sono altri. Berlusconi invita i suoi a non «lasciare alibi a Salvini». Qualcuno accredita la tesi secondo cui, da Arcore, si tenta la strada della convocazio­ne di un vertice di maggioranz­a. Strada sbarrata però da Salvini proprio mentre, circa 150 chilometri più a Sud, il governator­e ligure Giovanni Toti incontra il numero due leghista Giancarlo Giorgetti. I due si scambiano reciproche rassicuraz­ioni, che poggiano su basi decisament­e più solide dei tanti condiziona­li (sull’europa, la Germania, l’euro) sull’alleanza futura di cui Salvini infarcisce la sua intervista a Barbara d’urso. «Se Matteo rompe, ci fa un regalo e ci lascia una prateria nella destra moderata», azzarda qualcuno nella cerchia ristretta di Arcore. La paura, paradossal­mente, è che si viaggi tutti compatti alla velocità attuale. Nei gruppi parlamenta­ri di Forza Italia c’è chi vive come un incubo la trattativa sui collegi in cui la Lega la farebbe da padrona; e anche l’esito che ne seguirebbe al voto. «Se allora ci hanno fatto male, oggi possono distrugger­ci», è la cantilena più diffusa.

A meno che, e si torna alla casella di partenza, Berlusconi non si inventi quel «qualcosa» di cui ha iniziato a parlare ieri. Ma cosa? «Dobbiamo stringere sulla costituent­e del centrodest­ra e sulle primarie. Se si supera una crisi matrimonia­le seriamente, dopo si sopravvive tutti», è l’idea affidata da Toti ai parlamenta­ri a lui più vicini. È uno dei due modi per provare a «blindare» in un senso o nell’altro il rapporto con Salvini. L’altro, sottotesto, è il divorzio definitivo. «Se Salvini vuole rompere il centrodest­ra» — diceva ieri mattina Paolo Romani, interrompe­ndo a #Corriereli­ve un silenzio che durava dai giorni della sua mancata candidatur­a a presidente del Senato — «ce ne faremo una ragione».

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(Ansa) Ex premier Silvio Berlusconi, 81 anni, al Quirinale lo scorso 19 aprile

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