Berlusconi: «Centrodestra unito» Due mesi per una mossa a sorpresa
Il no a Cottarelli e i timori per una rottura della coalizione. L’incontro Toti-giorgetti
ROMA «Ho due mesi di tempo per inventarmi qualcosa. Altrimenti...». Oltre i puntini di sospensione del ragionamento che Silvio Berlusconi svolge di fronte ai suoi familiari, a Fedele Confalonieri e a Niccolò Ghedini durante il consueto pranzo del lunedì, c’è tutta l’ansia che attraversa Forza Italia. Soppesando costi e benefici della mancata nascita del governo Legam5s, per adesso, i primi superano i secondi. Col governo Conte in azione, per esempio, ad Arcore avrebbero rispolverato gli schemi provati e riprovati in allenamento alla fine del governo Monti, che pure si sosteneva sui parlamentari azzurri. E, forti della certezza che Di Maio e Salvini «si sarebbero fatti male da soli», avrebbero avuto tutto il tempo a disposizione per preparare una riscossa. Magari già alle prossime Europee, con l’ex premier già pronto per una campagna elettorale a suon di preferenze nel Nord Ovest.
Il voto anticipato cambia tutto. Di polvere, nella clessidra, ce n’è pochissima. E lo spazio per aggiungerne dell’altra non esiste. Per questo, in una nota diramata nel pomeriggio, Berlusconi toglie dai radar l’ipotesi di votare la fiducia all’esecutivo guidato da Carlo Cottarelli. «La nostra posizione non può che essere negativa», scrive in una dichiarazione che comprende l’analisi sul futuro del centrodestra. «A chi mi chiede quale sarà», parola del Cavaliere, «rispondo che alle prossime elezioni non immagino altra soluzione che quella di una coalizione con Forza Italia, Lega e Fratelli d’italia, destinata sicuramente a prevalere anche per la possibilità di una mia candidatura».
In privato, però, i toni sono altri. Berlusconi invita i suoi a non «lasciare alibi a Salvini». Qualcuno accredita la tesi secondo cui, da Arcore, si tenta la strada della convocazione di un vertice di maggioranza. Strada sbarrata però da Salvini proprio mentre, circa 150 chilometri più a Sud, il governatore ligure Giovanni Toti incontra il numero due leghista Giancarlo Giorgetti. I due si scambiano reciproche rassicurazioni, che poggiano su basi decisamente più solide dei tanti condizionali (sull’europa, la Germania, l’euro) sull’alleanza futura di cui Salvini infarcisce la sua intervista a Barbara d’urso. «Se Matteo rompe, ci fa un regalo e ci lascia una prateria nella destra moderata», azzarda qualcuno nella cerchia ristretta di Arcore. La paura, paradossalmente, è che si viaggi tutti compatti alla velocità attuale. Nei gruppi parlamentari di Forza Italia c’è chi vive come un incubo la trattativa sui collegi in cui la Lega la farebbe da padrona; e anche l’esito che ne seguirebbe al voto. «Se allora ci hanno fatto male, oggi possono distruggerci», è la cantilena più diffusa.
A meno che, e si torna alla casella di partenza, Berlusconi non si inventi quel «qualcosa» di cui ha iniziato a parlare ieri. Ma cosa? «Dobbiamo stringere sulla costituente del centrodestra e sulle primarie. Se si supera una crisi matrimoniale seriamente, dopo si sopravvive tutti», è l’idea affidata da Toti ai parlamentari a lui più vicini. È uno dei due modi per provare a «blindare» in un senso o nell’altro il rapporto con Salvini. L’altro, sottotesto, è il divorzio definitivo. «Se Salvini vuole rompere il centrodestra» — diceva ieri mattina Paolo Romani, interrompendo a #Corrierelive un silenzio che durava dai giorni della sua mancata candidatura a presidente del Senato — «ce ne faremo una ragione».