LA MOSSA DI RAMOS SU SALAH CHIEDE VENDETTA AL DIO DEL CALCIO
Caro Gino,
P iù delle carezze di Cristiano Ronaldo, mi ha colpito il modo proditorio in cui Sergio Ramos ha tolto di mezzo l’uomochiave degli avversari, Momo Salah. E ho ripensato a quando Niels Liedholm mi raccontò la finale della Coppa dei Campioni del 1958: il Real Madrid perdeva 2 a 1 con il Milan, quando Joselito azzoppò il cervello dei rossoneri, appunto Liedholm; che si chiese per tutta la vita se l’avesse fatto apposta. Ovviamente l’aveva fatto apposta, come gli confermarono anni dopo Gento e Di Stefano: «Joselito sapeva scegliere i momenti giusti…». Il Real Madrid vinse 3 a 2.
Stavolta Ramos è stato più scaltro; non ha fatto un intervento spettacolare, ma una mossa da arte marziale, facendo cadere Salah su una spalla e fracassandogliela. Incredibilmente, l’arbitro non l’ha neanche ammonito. Anche da queste cose si vede il potere di un club. È lo stesso Ramos, oltretutto capitano della squadra, che al Santiago Bernabeu — il presidente delle cinque Coppe dei Campioni di fila, compresa quella del 1958 — esultava in campo per l’eliminazione della Juve, pur essendo squalificato. A Kiev però le immagini dell’esultanza finale di Ramos hanno dato l’impressione di qualcosa di osceno. «Ubris», avrebbero detto i greci antichi: ardimento sfacciato, al limite del sacrilegio. Se c’è un dio del calcio, prima o poi gliene chiederà conto. Tra due settimane cominciano i Mondiali, e lì non c’è il Real Madrid.