La padovana Carel sbarca nello Star per crescere negli Usa
MILANO La quotazione «per non sederci sugli allori o diventare autoreferenziali». La padovana Carel, che produce soluzioni di controllo per il condizionamento dell’aria e per il refrigeramento, debutterà in Borsa nel segmento Star il prossimo 11 giugno. Una decisione presa «nella seconda metà dell’anno scorso — ha spiegato l’amministratore delegato Francesco Nalini — perché ritenevamo di avere una dimensione sufficiente per quotarci».
Negli ultimi tre anni il gruppo, che opera attraverso 21 controllate e 7 stabilimenti di produzione (in Italia, Cina, Brasile, Usa e Croazia), ha registrato una crescita media dei ricavi del
12% e degli utili pari al 21% e ha chiuso il 2017 con un fatturato di oltre 255 milioni. È al momento controllata da Luigi Rossi Luciani (60,53%) e Luigi Nalini (39,47%). L’intenzione è di mettere sul mercato tra il 35% e il 40% del capitale, l’intervallo di prezzo è compreso tra 6,7 e 7,8 euro, che corrisponde a una valorizzazione del capitale della società tra 670 e 780 milioni. È prevista anche un’opzione Greenshoe, cioè la facoltà di aumentare la dimensione dell’offerta per rispondere in modo adeguato alla domanda di titoli da parte degli investitori. Dopo la quotazione (global coordinator Mediobanca), Carel punta a ridistribuire agli azionisti «tra il 35%-50% dell’utile», ha spiegato il Ceo e di «continuare a crescere in linea con lo storico degli ultimi anni». L’azienda sta guardando a «piccole acquisizioni» negli Usa e in Cina «dove abbiamo ampi margini di crescita».
«L’idea della quotazione, pur mantenendo il controllo della società — ha spiegato Nalini alla conferenza stampa in vista dell’ipo — è un progetto a lungo termine. Essere quotati è positivo per le nostre performance di lungo termine». Il gruppo veneto non è preoccupato dall’andamento della Borsa di questo periodo, che risente dell’incertezza politica. «Non potevamo prevedere quello che sta succedendo sui mercati — ha detto Nalini — ma siamo sereni, la nostra società non è indebitata, è liquida e non ci interessa l’andamento dei tassi». Tutto grazie all’export, che a livello di gruppo supera l’80% del fatturato: «Siamo poco esposti sul mercato Italia, anche i nostri clienti esportano, quindi siamo poco esposti al rischio Italia».