Corriere della Sera

La scrittura è indagine sopra l’individuo I conti con la storia sul lettino dell’analista

- di Pierluigi Panza

Goodbye Roth, Goodbye, Columbus, goodbye America viene da pensare... e non per l’elezione di Donald Trump — definito da Philip Roth «un artista della truffa» paragonabi­le al Confidence-man di Herman Melville — quanto per la battaglia che i figli di un qualsiasi Seymour Levov (il protagonis­ta di Pastorale Americana) stanno oggi conducendo contro i simboli del passato americano. A Houston la statua di Cristoforo Colombo è stata imbrattata di rosso sangue, così come a Detroit, dove gli è stata ficcata in testa un’ascia. A New York il monumento a Colombo è stato inserito nell’elenco di quelli da abbattere perché «discrimina­torio». A Los Angeles le sue celebrazio­ni sono state sostituite da una «Indigenous and Native People Day». All’università di Georgetown gli studenti (per lo più bianchi), usando l’hashtag #GU 272 hanno ottenuto di rimuovere le targhe dei fondatori, i reverendi Thomas F. Mulledy e William Mcsherry, perché coinvolti in una tratta di 272 schiavi... Peccato che sin dal 2012 Roth avesse dichiarato di non voler più scrivere: sarebbero state esilaranti le sue pagine sulla figlia di un altro Seymour Levov che parte da Newark zaino pieno di bombolette spray in spalla per andare a imbrattare i monumenti dei generali sudisti, mentre il padre ne segue, attonito, le gesta sui giornali. Ripetendo: «Tu non sei mia figlia. Non sei Merry»...

È un tema così rothiano, questo, che nessun scrittore lo ha scelto per confrontar­si con il Patrimonio americano come «storia vera» e non storytelli­ng manipolabi­le, dove i nativi sono buoni o cattivi alla bisogna, gli schiavisti pessimi, gli yankee salvatori e il tutto visto con gli occhi del presente. Mentre la risposta accademica a questa nuova protesta giovanile sono stati i Post cultural studies, i Subaltern Studies o il Femminismo postcoloni­ale, quella di

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