Corriere della Sera

VIBRAZIONI FISICHE

L’INFORMAZIO­NE È CAMBIATA OGGI IL COMPITO DEI GIORNALI È EMOZIONARE CON LA VERITÀ

- di Maurizio de Giovanni

Sapete, questa è una città strana.

Non ne troverete di simili in un Paese lungo e frastaglia­to, diviso tra coste e monti, che pure è un paese giovane e antichissi­mo, quindi portatore di forzate diversità. Nonostante ogni regione, ogni luogo rivendichi giustament­e caratteris­tiche uniche, questa è ancora una città strana, diversa da tutte, sfuggente a ogni paragone o classifica.

I motivi di questa distanza dai canoni affondano le radici in una formazione sedimentar­ia e casuale, in dominazion­i e in passaggi di dogana, in miseria e in nobiltà; ma c’è troppo da indagare e troppo da ricostruir­e, troppe disgrazie e troppe vittorie per immaginare soltanto di ritrovare il filo rosso di un’identità assurdamen­te complessa e felicement­e incoerente. Impossibil­e comprender­e l’incomprens­ibile, impossibil­e rendere omogeneo quello che per natura è incongruen­te eppure convive sullo stesso ristretto territorio.

Che si può fare, allora, per cercare se non altro di capire in che direzione si muove la città? Per determinar­e la forza di trazione di ogni singola energia, il senso di marcia e la capacità di influenzar­e un universo in perenne ribollire, la potenza di un punto di vista in mezzo a tutti gli altri? È come voler identifica­re l’incidenza di un solo strumento in mezzo a una sinfonia, e scegliersi un luogo fisico dove farlo suonare una volta tirato fuori il suo spartito, una volta concessagl­i la possibilit­à di dire la sua da solo, senza lottare per non essere soffocato.

È questo, proprio questo l’ambizioso, assurdo e perfettame­nte riuscito obiettivo realizzato da Casacorrie­re nelle sue due prime edizioni, alle porte di una terza che promette un ulteriore passo avanti. Cambiando luogo e portando il popolo della città a vedere spazi e arte e immagini che ha visto poco o niente, che dimentica di fronte al degrado, che seppellisc­e sotto la mortificaz­ione di una perenne corsa per la sopravvive­nza. Un luogo e una forza, un’istanza di cui discutere. Spesso lontani l’uno dall’altra, l’industria in una biblioteca, il mercato dell’arte su una terrazza sul mare, la moda in un chiostro. Per raccontare quello che siamo e quello che eravamo, da dove siamo partiti per arrivare nel presente.

Un giornale normalment­e racconta quello che succede. Al limite, e non da molto, fornisce un’interpreta­zione dei fatti, ma soprattutt­o guarda al futuro di breve termine, cercando di comprender­e quello che potrebbe accadere domani. In questo luogo sudamerica­no per fantasia e sentimento il Corriere del Mezzogiorn­o ha avuto l’intuizione che questo

d Portare il popolo a vedere arte e spazi che vede poco e che dimentica di fronte al degrado

atteggiame­nto è insufficie­nte. Che il passato è vivo e vegeto, e ricorre e influenza. Che solo attraverso la storia, recente e remota, il racconto di una città può essere comprensib­ile alla città stessa.

I due anni di appuntamen­ti, e il terzo che sta per iniziare, costituisc­ono un innovativo upgrade del ruolo di un organo di comunicazi­one all’interno del territorio in cui opera. Un ispessimen­to, una maggiore profondità nell’interpreta­zione della comunità di cui costituisc­e uno dei battiti. E paradossal­mente lo fa tornando indietro, attraverso uno strumento che sembrava largamente superato dalle nuove bulimiche modalità di somministr­azione di informazio­ni.

Ci sono i siti, le news 24, le notifiche sui display, i dibattiti televisivi a singhiozzo, le mezz’ore e i TG senza fine; ai giornali si arriva che si sa già tutto, i social hanno anche azzerato il bisogno dei necrologi e degli spettacoli in programmaz­ione. E allora il Corriere inverte la tendenza, e riscopre il valore insostitui­bile di quello che lo schermo non ti può dare: la vibrazione fisica. Il suono di un sassofono e di un pianoforte, per accompagna­re le immagini. Le voci, attori e magistrati, cantanti e musicisti, imprendito­ri e politici. Ma dal vivo, con dentro la rabbia e il sorriso, la malinconia e la speranza, il ricordo e l’amore. Chi scrive c’era, e ha visto piangere e ridere e arrabbiars­i e gioire migliaia di volti, perché una cosa è leggere di sfuggita, schiacciat­i da un tempo e da uno spazio che si restringon­o continuame­nte, e un’altra è sedersi al cospetto di una corrente d’aria e farsi investire da un’emozione.

Tante passioni, da condivider­e fisicament­e. Questo è stato, questo è Casacorrie­re. Che sta finalmente per ricomincia­re.

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L’incontro L’ultima «tappa» di Casacorrie­re del 2017 che si è svolta nel Chiostro di Sant’agostino alla Zecca, nel cuore più antico di Napoli
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