Corriere della Sera

La biografia in forma di film È «l’arte totale» di Martone

Il regista, al Madre, si confronta con nuovi linguaggi

- di Stefano de Stefano

«Il tema che apre la terza edizione di Casacorrie­re (Comunità e Rete: la religione del web) è legato al mio percorso e in particolar­e alla mostra sul mio lavoro che va dal 1977 al 2018, allestita al Museo Madre di Napoli». Mario Martone alla vigilia di questi due appuntamen­ti, il primo il 31 maggio, il secondo il primo giugno, sottolinea il nesso che li lega.

Quarant’anni di attraversa­menti nei linguaggi espressivi del teatro, del cinema, dell’opera. Che rapporto ha avuto con i passaggi dell’evoluzione tecnologic­a?

«Molto stretto. D’altra parte sono stato testimone di un cambiament­o epocale avvenuto a metà degli anni 80. Profeticam­ente Orwell lo aveva intuito in 1984, rovesciand­o le cifre del ’48, anno simbolo delle rivoluzion­i europee. Una trasformaz­ione fra un modello di ricerca in cui le nuove tecnologie apparivano

Contaminaz­ioni

Le arti visive sono state sempre al centro del mio lavoro. E il mio prossimo film è dedicato a Beuys

tese a un’evoluzione della società e il rischio che il sistema di potere le trasformas­se in uno strumento di controllo. Dialettica tutt’ora aperta, evidenziat­a dalla generale adesione al mondo del web, simile a una pellicola che ricopre tutto e che ricorda le mappe dei cartografi di Borges». Web come fede e non come occasione?

«Non voglio dire questo. Noi siamo una generazion­e a cavallo di svolte senza precedenti, non sospesi solo fra due secoli, ma fra due millenni. E per di più con tutto il peso della cultura e delle idee precedenti, ma destinati ancora a lungo a navigare di notte in mare aperto senza conoscere la meta».

Insomma una condizione sperimenta­le a lei cara?

«È così, sin dai tempi dei miei primi spettacoli, penso ad Avventure al di là di Thule del ’77 o allo stesso Tango glaciale dell’82, quando mi era già chiara l’idea di andare oltre la tradizione ma anche la retorica delle avanguardi­e. Teatro? Performanc­e? Istallazio­ne? Difficile dirlo ma era ricerca, la stessa che mi ha poi spinto a cambiare sempre, pur mantenendo l’idea della costruzion­e collettiva di uno spettacolo, che da Falso Movimento,

passa per Teatri Uniti e giunge oggi ai ragazzi del Nest».

Materia che il pubblico ritroverà in «1977-2018. Mario Martone al Madre»?

«Sono un regista e ho voluto rispondere a questo invito mostrando il mio lavoro e non una serie di documenti o fotografie. Ho realizzato un film di 9 ore e mezza, tante quanto dura l’apertura del museo, che raccoglie il mio cinema ma anche spezzoni di spettacoli o episodi come la costruzion­e del Teatro India di Roma.

Un loop senza cronologia e senza inizio né fine. La sintesi è nel manifesto in cui l’otto è orizzontal­e come simbolo dell’infinito». E il pubblico?

«Ci sono 40 sedie girevoli su di una scena centrale che ricorda quella di Ritorno ad Alphaville, uno spettacolo del 1986, sequel del film di Godard, che rimetteva al centro della ricerca la parola, comprenden­do anche Toni Servillo e Antonio Neiwiller, con cui avremmo fondato Teatri Uniti. Ogni spettatore avrà una cuffia e potrà orientarsi verso uno dei quattro schermi, iniziando così un proprio percorso di montaggio, sempre modificabi­le». Un’opera aperta.

«Le arti visive sono sempre state al centro del mio lavoro, sin dall’esordio di Falso Movimento nella Galleria di Lucio Amelio. Il mio modello è Fluxus, movimento fatto di arte, musica, teatro, video, danza. Un modello di arte totale, a cui si ispira anche il mio nuovo film, Capri batterie, dedicato a Beuys, che uscirà in ottobre».

© RIPRODUZIO­NE RISERVATA

 ??  ?? Al museo Il regista Mario Martone (1959) è uno dei protagonis­ti di Casacorrie­re
Al museo Il regista Mario Martone (1959) è uno dei protagonis­ti di Casacorrie­re

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy