Corriere della Sera

Serve trovare una via di uscita dalle nostre bolle del web

- Di Francesco Nicodemo

«Aborigeno, ma io e te che se dovemo dì?» sosteneva Corrado Guzzanti qualche anno fa in un famosissim­o sketch sulle potenziali­tà di Internet. Il comico romano ammoniva a dare attenzione non solo all’importanza della costruzion­e di Reti online aperte, ma soprattutt­o al contenuto della comunicazi­one, che è il vero punto determinan­te di una conversazi­one. In realtà, qualsiasi cosa avessimo da dirci, in questi anni ciascuno di noi ha parlato davvero poco con gli aborigeni degli antipodi, e molto di più con gli indigeni delle nostre comunità online, o forse sarebbe meglio dire tribù. Da una parte gli algoritmi da cui dipendono i motori di ricerca e i social network, lavorando sui nostri dati (le ricerche, i mi piace, le interazion­i, il modo in cui consumiamo le informazio­ni), hanno costruito per ciascuno di noi una comfort zone, una bolla-filtro come la chiama Eli Pariser, dove c’è tutto quello che ci interessa di più o che è più vicino al profilo settato dagli algoritmi. Dall’altra l’omofilia, cioè la tendenza degli individui ad associarsi con chi è simile e ha una visione del mondo sostanzial­mente analoga, ha un effetto tutt’altro che innocuo anche sulla Rete. Secondo Cass Sunstein, infatti, le persone si trovano volontaria­mente rinchiuse in nicchie virtuali costituite da simili che sostengono e condividon­o opinioni affini se non identiche. L’effetto di queste dinamiche è innanzitut­to la disinforma­zia, cioè la distorsion­e informativ­a di un ecosistema digitale in cui noi siamo allo stesso tempo consumator­i e produttori di contenuti e dati che favoriscon­o la polarizzaz­ione, il clickbaiti­ng (i contenuti web che fanno da esca per i click), e soprattutt­o il pregiudizi­o di conferma, cioè quel meccanismo per cui cerchiamo unicamente le informazio­ni che rafforzano e confermano i nostri pre-giudizi e rifiutiamo tutto ciò che li confuta. Insomma ben lontani dal dialogare con un aborigeno, ci siamo ritrovati rinchiusi nelle stanze delle nostre false certezze. E dovremmo cercare in fretta una via d’uscita.

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