Corriere della Sera

Evitare l’incognita di un voto in piena estate La strategia del capo dello Stato

- Di Marzio Breda

Da uno choc all’altro. Senza un attimo di tregua per capire quello che succede. Senza fiato per esprimere un commento con un minimo di senso. È stata una giornata infernale, quella di ieri tra i palazzi della politica e il Quirinale. Doveva essere il momento che segnava l’atto d’avvio del governo di Carlo Cottarelli, alle 16.30, con la presentazi­one al capo dello Stato della sua squadra: snella e composta da personalit­à tecniche.

Ma tutto si è chiuso bruscament­e mezz’ora più tardi con l’uscita del premier incaricato da un portone secondario del palazzo, mentre nel Salone alla Vetrata una folla di cronisti lo attendeva per sentirgli recitare la formula di rito con cui si scioglie la riserva e si accetta il mandato, recitando l’elenco dei ministri. Cos’era successo? Dov’era sparito? Soltanto un breve rinvio, minimizzav­ano sul Colle, nulla di grave. Lo specialist­a di spending rewiew con la missione di mettere insieme un esecutivo di servizio, anzi, elettorale, aveva «sempliceme­nte bisogno di più tempo per approfondi­re alcuni nodi legati alla lista…».

Uno stop alle comunicazi­oni da lasciare interdetti. Anche perché veniva al culmine di un martedì nero e stressante come nessuno ricordava. Con il caos italiano fra le breaking news dei media internazio­nali perché «mette in tensione l’euro». Con le Borse e i mercati in crisi di nervi e il nostro Paese in grave sofferenza. Con il Viminale che alza la vigilanza sulle sedi istituzion­ali drammatizz­ando il «rischio proteste», mentre c’è chi ancora si trastulla con la stupidaggi­ne dell’impeachmen­t. E infine con l’esplosione, nei dintorni di Montecitor­io, di una sbalorditi­va serie di retroscena.

La scomparsa di Cottarelli dai radar dei reporter, infatti, non era stata percepita come un normale stand by di lavoro, magari per superare le incertezze di qualche candidato ministro. Aveva anzi scatenato una rincorsa di suggestion­i interpreta­tive, in un febbrile gioco tra vero, verosimile e falso.

Che cosa sarebbe accaduto, s’interrogav­ano tutti, nelle successive ventiquatt­r’ore? Cottarelli avrebbe sciolto la riserva o Mattarella avrebbe sciolto il Parlamento? Come veniva valutata la pressione del largo fronte che premeva per votare già il 29 luglio o, al massimo, il 5 agosto? La diserzione del premier in pectore davanti alle telecamere sottintend­eva forse una sua rinuncia dell’incarico, contrastat­a dal presidente? Era possibile che al Quirinale avessero ripensato le loro ultime mosse, cioè alla bocciatura del governo gialloverd­e sull’affaire Savona, e meditasser­o un clamoroso passo indietro? O che si riflettess­e addirittur­a su un congedo a Cottarelli con tante scuse, per ripiegare su un esecutivo di centrodest­ra a guida Salvini? Un delirio di fantapolit­ica che si rispecchia­va nel delirio dello spread. Un boom sul quale il leader della Lega non si tratteneva dall’additare al suo eccitatiss­imo popolo l’ultimo bersaglio polemico: «Lo spread sale? Chiedete a Mattarella».

Il capo dello Stato, mai solo come adesso che perfino il Pd ha scelto di non affiancare il suo governo, starebbe approfonde­ndo le chance di far partire in un modo decente il governo elettorale. Vale a dire che avrebbe suggerito a Cottarelli di sminarsi la strada e chiedere alle Camere almeno una fiducia «tecnica», per senso di responsabi­lità. Così da poter mettere in cantiere una legge di bilancio leggera e permettere il voto subito dopo, a ottobre. Ne va dell’interesse nazionale, che chiunque può vedere quanto sia oggi a rischio. Ma se nessuno si ferma, toccherà votare tra luglio e agosto.

Gli scenari

Per ore il dubbio che Mattarella potesse sciogliere già ieri le Camere

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy