Salvini carica i suoi e alza il tiro con i gazebo Poi torna la trattativa (con un occhio a FI)
«Consultazione per l’elezione del capo dello Stato». Si conta sulla non ostilità forzista a un governo
MILANO La situazione si confonde e torna fluida poco dopo l’uscita del premier incaricato Carlo Cottarelli dal Quirinale. È a quel punto che Luigi Di Maio, Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini tornano a riunirsi. E a sorpresa, Giuseppe Conte riappare alla Camera nonostante abbia trascorso la giornata a Firenze. Poi, tutti si chiudono nel silenzio, rotto da un’apertura di Di Maio al capo dello Stato («Pronti a collaborare»).
L’ipotesi è quella del ritorno a un governo politico sull’asse Lega-5 Stelle. Con Fratelli d’italia a completare la fisionomia sovranista ma anche la «certissima» non ostilità di Forza Italia. E su un’ipotesi su cui ancora le incertezze sono tante, cala il sipario sulla giornata numero 86 della crisi.
Era cominciata con un primo colpo di scena: il presidenzialismo. Matteo Salvini parla ai gruppi consiliari e poi al successivo consiglio federale e mette a fuoco la fisionomia della manifestazione del 2 e 3 giugno. All’impeachment ha già detto di no, e ai leghisti spiega la linea più o meno così: «Dato che il presidente della Repubblica, come abbiamo visto, gode di una discrezionalità assoluta, allora è meglio che sia eletto direttamente dai cittadini». E dunque, ai gazebo del prossimo weekend ci dovrebbe essere una sorta di scheda referendaria con un quesito: «Siete d’accordo sull’elezione diretta del capo dello Stato?». Musica per le orecchie di Giorgia Meloni, che ricorda come il presidenzialismo sia «la storica proposta della destra italiana» e annuncia per il weekend una raccolta di firme per introdurre l’elezione diretta. A cui aggiunge un carico a cui Salvini non si unisce: la richiesta di «dimissioni del presidente Mattarella».
Il segretario leghista, è il primo pomeriggio, riferisce allo stato maggiore del suo partito che probabilmente si voterà il 30 settembre, pur senza escludere che le cose possano precipitare verso il voto prima. Con un auspicio: «Non vorrei rompere le scatole agli italiani almeno nel mese di agosto». Prima è, meglio è, dice il segretario leghista «ma spero che non si voti a Ferragosto», anche se i leghisti escludono anche la data del 29 luglio.
Salvini si spende in elogi nei confronti dei 5 Stelle e di Di Maio: «All’inizio è vero, c’era una notevole diffidenza reciproca, ma nel lavoro comune è aumentata la confidenza». Salvini elenca i provvedimenti che sarebbero potuti partire subito: «Autonomie delle Regioni, pace fiscale, legittima difesa e taglio ai costi della politica. Eravamo pronti ma ci hanno fermato, neppure la grande correttezza di Giuseppe Conte è stata sufficiente». La figura dell’ex premier incaricato, ai leghisti, all’inizio qualche preoccupazione la dava: «Sarebbe stato tutto nelle sue mani».
Poi, Salvini parla di Forza Italia. Conferma l’alleanza «in tutte le Amministrative», ma sulle Politiche «vedremo». Anche perché «gli insulti di questi giorni, le accuse di tradimento sono state fuori luogo». E cita un sondaggio che darebbe la Lega al 29% al Nord, al 24% al Centro e al 14% al Sud. Superiore a Forza Italia, nonostante — sbuffa un deputato — «le continue uscite riguardo alla ricandidatura a premier del Cavaliere». Ma di rottura con gli azzurri, Salvini non parla.