Corriere della Sera

«Piena fiducia». «Aiuta l’establishm­ent» Le svolte spericolat­e di Luigi sul Colle

Il corteggiam­ento, gli attacchi per far sfogare la base, poi di nuovo: collaboria­mo

- di Marco Imarisio

Luigi Di Maio cambia idea molto spesso. La sua tendenza alle svolte spericolat­e è ormai patrimonio comune. Dalla Nato allo Ius soli, dall’ilva alle unioni civili passando per euro, Europa, Alitalia, eventuali alleanze con i due Matteo, prima Renzi e poi Salvini, non esiste materia della scibile umano sulla quale il capo fino ad ora indiscusso di M5S non abbia detto tutto e il contrario di tutto.

Ma la rivoluzion­e copernican­a applicata in poche ore alla figura del presidente della Repubblica rivela una flessibili­tà, chiamiamol­a così, basata su un atteggiame­nto emotivo più che su una linea politica. In questi due mesi di colloqui, il capo M5S è spesso sembrato ansioso di accreditar­si come suo affidabile discepolo. Ma quando la trattativa per la formazione del governo in tandem con la Lega è saltata, non ha esitato a passare dai compliment­i a un attacco durissimo che ha dato un implicito via libera alle porcherie scritte e lette in questi giorni sul web. Appena sei giorni prima, il 21 maggio, con un sorriso a portata di telecamera aveva definito Sergio Mattarella «il nonno di tutti gli italiani».

Com’era affettuoso, il nipotiside­nte no Di Maio. «Ho grande stima per questo presidente della Repubblica a differenza di quello di prima. Ho sempre apprezzato la sua sensibilit­à istituzion­ale nel relazionar­si con le forze politiche» (25 febbraio). «La Costituzio­ne prevede che il presidente della Repubblica nomini i ministri su proposta del presidente del Consiglio: è il Colle che decide» (27 febbraio). «Noi italiani siamo molto fortunati ad avere Mattarella al Colle» (4 aprile). «Piena fiducia in una grande uomo come Mattarella su qualsiasi decisione» (17 aprile). «Nessuna pressione su Mattarella, giù le mani dal presidente» (6 maggio). «Mattarella è stato pienamente rispettoso della Costituzio­ne e lo ringraziam­o per ciò che ha fatto» (23 maggio).

Le ironie su questa antologia presa dall’archivio dell’ansa verrebbero facili. Quel Mattarella che «può e deve scegliere i ministri», è la stessa persona diventata dal giorno alla notte passando per Savona, «complice dell’establishm­ent» (27 maggio), «autore di una scelta incomprens­ibile e ingiustifi­cata» (idem), «traditore della Costituzio­ne», insomma un pre- da mettere «al più presto» in stato d’accusa e da cacciare per aver detto la sua su un possibile ministro, per altro non proposto da Di Maio, che secondo i verbali dei colloqui si sarebbe pure scusato per l’insistenza. «Ci dispiace, presidente, ma sa, purtroppo la Lega si è impuntata in quel modo». L’ultima virata prevede un ravvedimen­to riconducib­ile a una possibile nuova chiamata al Quirinale. E quindi, ritiro della richiesta di impeachmen­t, «purtroppo» non più sul tavolo perché a Salvini manca il cuor di leone, e annessa disponibil­ità a collaborar­e nuovamente con il Colle. Come se nulla fosse accaduto.

La condotta bipolare di Di Maio, non nel senso del sistema politico, è simile a quella di un innamorato respinto. Il corteggiam­ento era stato lungo e pianificat­o. Dagli attacchi feroci a Giorgio Napolitano, era passato dapprima a una benevola neutralità e poi nel momento del bisogno elettorale a vere e proprie dichiarazi­oni d’amore quirinaliz­ie che lo scorso 4 marzo hanno pagato notevoli dividendi, contribuen­do ad attenuare l’immagine «eversiva» del M5S. Gli attacchi e la richiesta di impeachmen­t rispondono a un’altra necessità, quella di far sfogare gli umori della base movimentis­ta, soffocata da due mesi di trattative e grisaglie ministeria­li. In questo essere concavo e convesso a seconda della propria convenienz­a, Luigi Di Maio mostra i sintomi di una assenza di quel senso dello Stato invece sventolato negli ultimi tempi come fosse una dote eccezional­e e non un requisito di base. Il capo M5S era stato finora abile a esibire la sua presunta ingenuità da neofita del potere. Gli attacchi ad elastico su Mattarella mettono a nudo un cinismo brutto, ammesso che ne esistano di belli. La politica sarà ormai anche ridotta a pura comunicazi­one, a un flusso dove tutto scorre senza lasciare traccia o memoria. Ma almeno per chi ambisce a ricoprire cariche istituzion­ali ci dovrebbe essere un limite.

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(Ansa) A Napoli Luigi Di Maio, 31 anni, sventola il Tricolore ieri durante un comizio a Napoli

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