Corriere della Sera

L’ennesima gaffe (e le prodezze passate) dell’incendiari­o di Berlino

- di Paolo Lepri

Lo vorremmo ricordare, se dovesse calare il sipario, per una frase pronunciat­a undici anni fa: «prendo le distanze dalle mie parole». È la migliore che ha detto. Invece c’è il rischio che Günther Oettinger continui a fare il castigamat­ti nella commission­e Juncker. È accaduto anche ieri. Auspicando che il «segnale» dei mercati influisca sulle scelte degli elettori italiani, il commissari­o al bilancio ha cercato nei fatti di mettere in pratica una delle sue proposte più clamorose: issare a mezz’asta le bandiere dei Paesi dell’unione che non gli stanno simpatici. Uno di questi è il nostro. Cosa risponderg­li? Che a Bruxelles servono pompieri, non incendiari. Le voci che hanno chiesto le sue dimissioni non appaiono fuori registro.

Era l’aprile 2007 quando l’allora governator­e del Baden-württember­g lodò come un oppositore del nazismo Hans Filbinger, uno dei suoi predecesso­ri, che era stato in realtà costretto a dimettersi quando si scoprì che durante il regime hitleriano aveva firmato alcune condanne a morte di disertori. Da allora in poi la carriera di Oettinger, una volta lasciata la guida del Land, è stata costellata di interventi inopportun­i, micidiali gaffes, esternazio­ni contrarie al buon senso. Una delle ultime in ordine risale a circa due anni fa, quando descrisse i componenti di una delegazion­e cinese come «quelli con gli occhi a mandorla e i capelli pettinati da sinistra verso destra con il lucido da scarpe». Secondo i giornalist­i di Deutsche Welle (gli stessi che lo hanno intervista­to ieri) è una «involontar­ia star di Youtube».

Ma il catalogo delle prodezze di un uomo politico noto per la sua lingua tagliente non deve servire a sminuire la gravità di quanto è successo. Certo, si potrebbe ricordare che la cancellier­a non ama questo «cavallo di razza» facile ad imbizzarri­rsi e accreditar­e la teoria berlinese per cui inviarlo a Bruxelles avrebbe avuto il senso di allontanar­lo da un ruolo più importante nel governo o nella Cdu. Ma atteniamoc­i ai fatti. Oettinger è una delle più autorevoli voci «europee» della Germania. Fermi restando gli obblighi e i valori di una costruzion­e irreversib­ile (che va migliorata, avvicinata ai cittadini), i tedeschi (e l’europa) sbagliano quando danno il senso di voler pilotare scelte «politiche» che appartengo­no alla responsabi­lità degli elettori e del Parlamento di un altro Paese. Gli allarmi sono controprod­ucenti.

Invece degli avvertimen­ti, sarebbe stato meglio che fossero giunti da Berlino segnali di solidariet­à, disponibil­ità alle riforme, attenuazio­ni del dogmatismo, indicazion­i su un cammino che i Paesi fondatori possono compiere soltanto insieme. Il silenzio della cancelleri­a è stato invece impression­ante. Può far addirittur­a pensare che la leadership politico-economica tedesca sia da tempo preparata al peggio. Ma l’italia , pur in grande difficoltà, non ha nessuna intenzione di «suicidarsi» (e l’uscita dall’euro sarebbe un suicidio ) come Oettinger ha detto che avrebbe fatto se fosse stato sposato con l’ex leader di Alternativ­e für Deutschlan­d, Frauke Petry. Non è più, comunque, il momento di scherzare.

Il rapporto con Merkel

La Cancellier­a Merkel non lo ama, accreditan­do la tesi per la quale spedirlo a Bruxelles ha significat­o allontanar­lo da un ruolo di governo

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Il commissari­o Ue al Bilancio Günther Oettinger

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