L’ennesima gaffe (e le prodezze passate) dell’incendiario di Berlino
Lo vorremmo ricordare, se dovesse calare il sipario, per una frase pronunciata undici anni fa: «prendo le distanze dalle mie parole». È la migliore che ha detto. Invece c’è il rischio che Günther Oettinger continui a fare il castigamatti nella commissione Juncker. È accaduto anche ieri. Auspicando che il «segnale» dei mercati influisca sulle scelte degli elettori italiani, il commissario al bilancio ha cercato nei fatti di mettere in pratica una delle sue proposte più clamorose: issare a mezz’asta le bandiere dei Paesi dell’unione che non gli stanno simpatici. Uno di questi è il nostro. Cosa rispondergli? Che a Bruxelles servono pompieri, non incendiari. Le voci che hanno chiesto le sue dimissioni non appaiono fuori registro.
Era l’aprile 2007 quando l’allora governatore del Baden-württemberg lodò come un oppositore del nazismo Hans Filbinger, uno dei suoi predecessori, che era stato in realtà costretto a dimettersi quando si scoprì che durante il regime hitleriano aveva firmato alcune condanne a morte di disertori. Da allora in poi la carriera di Oettinger, una volta lasciata la guida del Land, è stata costellata di interventi inopportuni, micidiali gaffes, esternazioni contrarie al buon senso. Una delle ultime in ordine risale a circa due anni fa, quando descrisse i componenti di una delegazione cinese come «quelli con gli occhi a mandorla e i capelli pettinati da sinistra verso destra con il lucido da scarpe». Secondo i giornalisti di Deutsche Welle (gli stessi che lo hanno intervistato ieri) è una «involontaria star di Youtube».
Ma il catalogo delle prodezze di un uomo politico noto per la sua lingua tagliente non deve servire a sminuire la gravità di quanto è successo. Certo, si potrebbe ricordare che la cancelliera non ama questo «cavallo di razza» facile ad imbizzarrirsi e accreditare la teoria berlinese per cui inviarlo a Bruxelles avrebbe avuto il senso di allontanarlo da un ruolo più importante nel governo o nella Cdu. Ma atteniamoci ai fatti. Oettinger è una delle più autorevoli voci «europee» della Germania. Fermi restando gli obblighi e i valori di una costruzione irreversibile (che va migliorata, avvicinata ai cittadini), i tedeschi (e l’europa) sbagliano quando danno il senso di voler pilotare scelte «politiche» che appartengono alla responsabilità degli elettori e del Parlamento di un altro Paese. Gli allarmi sono controproducenti.
Invece degli avvertimenti, sarebbe stato meglio che fossero giunti da Berlino segnali di solidarietà, disponibilità alle riforme, attenuazioni del dogmatismo, indicazioni su un cammino che i Paesi fondatori possono compiere soltanto insieme. Il silenzio della cancelleria è stato invece impressionante. Può far addirittura pensare che la leadership politico-economica tedesca sia da tempo preparata al peggio. Ma l’italia , pur in grande difficoltà, non ha nessuna intenzione di «suicidarsi» (e l’uscita dall’euro sarebbe un suicidio ) come Oettinger ha detto che avrebbe fatto se fosse stato sposato con l’ex leader di Alternative für Deutschland, Frauke Petry. Non è più, comunque, il momento di scherzare.
Il rapporto con Merkel
La Cancelliera Merkel non lo ama, accreditando la tesi per la quale spedirlo a Bruxelles ha significato allontanarlo da un ruolo di governo