La perdita di valore dei titoli di Stato Risparmiatori, potere d’acquisto giù
Che vantaggio avremmo da un ritorno alla sovranità monetaria? L’italia, fuori dall’euro e dall’ue, non dovrebbe più rispettare le regole e i vincoli di bilancio imposti da Bruxelles, quindi niente più patto di Stabilità, né tetto al deficit né obbligo di riduzione del debito pubblico, che al momento ammonta a 2.302 miliardi di euro, il secondo più alto dell’unione Europea in rapporto al Pil (131,8%), dietro a quello greco. Ma soprattutto lo Stato sarebbe libero di stampare quante banconote vuole per nutrire il proprio debito. L’effetto immediato, quando circola troppa moneta, è però la crescita dell’inflazione (acquisita ad aprile per il 2018 allo 0,7% secondo l’istat) che rischierebbe di arrivare alla doppia cifra come avvenuto negli anni Settanta e Ottanta (nel 1980 superò il 21%), quando il debito pubblico esplose. Tuttavia con l’impennata dell’inflazione lo Stato ci guadagnerebbe, anche qualora la sua esposizione fosse stata convertita in lire con un cambio iniziale «1 a 1» (1 euro uguale 1 nuova lira). Mentre a perdere sarebbero i risparmiatori, i fondi pensione e gli investitori istituzionali che hanno comprato Bot e Btp perché il valore in termini di potere d’acquisto del debito sarà eroso dall’inflazione. Insomma, gli italiani che hanno messo i loro risparmi in titoli di Stato sarebbero penalizzati. È come se venisse introdotta di fatto una tassa patrimoniale. Sul lungo periodo si andrebbe a creare comunque un problema di credibilità sui mercati per lo Stato italiano. Gli investitori per prestarci i soldi chiederebbero interessi molto più alti. E le imprese sarebbero costrette a fare i conti con il «rischio Paese» per finanziarsi a loro volta sui mercati.
L’erosione
La svalutazione causa un’erosione di valore, come una tassa patrimoniale