Il passaggio all’improvviso per evitare le file ai bancomat
La premessa è che per i trattati europei la moneta unica è «irreversibile», lo ha ricordato in più occasioni anche il presidente della Bce, Mario Draghi. Inoltre euro e Ue sono legati. «Il Trattato di Lisbona — spiega Justin Frosini, professore associato di diritto pubblico comparato all’università Bocconi — stabilisce che qualsiasi Paese voglia diventare membro dell’ue deve sposare l’idea di adottare l’euro. Quindi per l’italia si prospetterebbe un’uscita, che andrebbe negoziata come sta facendo la Gran Bretagna. Ma l’italia è un Paese fondatore...». Tenuto conto di questo, se l’italia decidesse comunque di uscire dall’euro e di tornare alla lira cosa accadrebbe? Partiamo dal presupposto di un’uscita «ordinata» e dunque pianificata. Non di una perdita di accesso ai mercati causata dal crollo della fiducia degli investitori che temono di non venire più ripagati per effetto dell’alto debito pubblico. Dunque, anche se dovesse essere il risultato di una decisione parlamentare, il momento del passaggio dall’euro alla lira dovrebbe avvenire «all’improvviso» per non creare una crisi di liquidità. E poiché il destino della nuova moneta sarebbe la svalutazione, per evitare le file agli sportelli da parte dei risparmiatori che vogliono prelevare il contante in euro, così come la fuga degli investitori (che in qualche modo ci sarà, di fronte all’incertezza), il passaggio dovrebbe essere improvviso. Le banche infatti hanno una liquidità inferiore rispetto a quanto depositato. Non è escluso quindi il congelamento dei depositi per un brevissimo lasso di tempo per consentire il passaggio senza traumi. Stampare la nuova moneta, ritirare la vecchia e adeguare tutti i sistemi avrà inoltre dei costi non indifferenti.
Fuori dall’unione
L’addio all’euro comporta anche l’uscita dall’unione Europea