Lavoratori e pensionati pagano il conto dell’inflazione
Svalutazione e inflazione galoppante presenteranno il conto soprattutto a chi ha entrate fisse: lavoratori dipendenti e pensionati rischiano di vedere il proprio potere d’acquisto ridotto, a meno che stipendi e assegni previdenziali non vengano aumentati. Con una lira svalutata i beni di consumo importati costeranno di più. Bisogna tenere presente che la maggior parte dei nostri prodotti ha una componente importata. Non abbiamo materie prime né fonti energetiche sufficienti, e finché le rinnovabili non basteranno a coprire l’intera domanda e non saranno più intermittenti, dovremo continuare a comprare il gas e il petrolio dall’estero ma a prezzi molto più alti degli attuali. Poi c’è il capitolo finanziamenti e mutui. Fondamentale sarà il tasso di cambio, poiché sono stati sottoscritti in euro. È possibile che gli istituti di credito contemplino una rinegoziazione delle condizioni. Ma se il valore resta quello in euro, ripagare il mutuo costerà di più perché lo stipendio subirà la svalutazione della nuova moneta. Mentre se fosse applicato un cambio «1 a 1» allora il debitore avrebbe un vantaggio nella svalutazione, così come lo Stato ci guadagnerebbe a livello di debito pubblico, ma le banche si troverebbero in una situazione complicata, dal momento che è possibile che a loro volta si siano finanziate all’estero per erogare quei mutui. È probabile che i nuovi costi vengano scaricati a valle sul conto corrente e sui correntisti. Senza considerare il rischio di contenziosi in caso di cambio delle regole in corsa. Insomma, l’inflazione galoppante non ha mai fatto bene a dipendenti e pensionati. Con il ritorno alla lira le regole non cambiano.
Beni di consumo
Con una lira svalutata i beni di consumo importati costeranno di più