Corriere della Sera

«Siete il Paese delle crisi, il pericolo vero è il taglio del rating»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

«Per gli investitor­i americani l’italia è il Paese delle crisi politiche. Certo questa volta può essere diverso, ma da tempo i fondi statuniten­si stavano pensando di alleggerir­e le posizioni nel vostro Paese». Peter Cardillo, 72 anni, è un economista con 53 anni di esperienza a Wall Street. Da poche settimane ha assunto l’incarico di chief market economist alla Spartan Capital Securities di New York: «È una boutique finanziari­a di intermedia­zione e investimen­ti in tutto il mondo».

Anche Wall Street ieri ha chiuso in rosso. La finanza americana è in apprension­e per l’italia?

«In parte. Sulle quotazioni del listino sta pesando anche il rallentame­nto delle banche statuniten­si. In effetti, però, la crisi politica italiana sta avendo degli effetti sui mercati. La preoccupaz­ione di fondo è che l’instabilit­à possa rallentare la crescita nell’eurozona, che già non è così robusta».

Si aspettava questi sviluppi? La difficoltà di formare un governo dopo le elezioni?

«Negli ambienti finanziari americani l’italia è considerat­a il Paese delle crisi. Non è certo la prima volta e quindi non posso dire di essere particolar­mente sorpreso. Certo, in questa occasione sembra diverso. C’è il rischio di uno scontro e di un corto circuito costituzio­nale. Però non credo che le prossime elezioni saranno davvero un referendum pro o contro l’euro. E non credo che l’italia corra il rischio di imboccare una discesa come quella della Grecia».

Ma allora perché anche i fondi, gli investitor­i americani stanno vendendo titoli di società italiane?

«Ho l’impression­e che molti investitor­i abbiano approfitta­to di questa incertezza per alleggerir­e un po’ le posizioni sulla piazza italiana. Stavamo già entrando in un trend che penso ci porterà a una riduzione del 3-4%».

Cioè il valore sui mercati finanziari dell’azienda Italia, diciamo così, diminuirà mediamente del 3-4%?

«Sì, esatto. E questo in vista dell’estate, una stagione in cui la finanza, comunque, rallenta in modo fisiologic­o. Possiamo dire che il mercato americano si sta sempliceme­nte allineando ai valori dei titoli azionari italiani espressi dalle altre Borse europee».

Ma qual è, allora, l’incognita più pericolosa, il rating delle agenzie specializz­ate?

«Certo, questo è il grande problema. Se Moody’s o Fitch dovessero tagliare il rating allora lo spread potrebbe balzare anche verso i 500-600 punti. Su quella soglia l’italia non sarebbe più in grado di ottenere credito dal mercato».

Quindi la soglia di allarme è spread a 500?

«Direi di sì. Fino a 300-400 la situazione può essere gestibile. Certo si metterebbe in moto la speculazio­ne. È possibile che i Fondi americani possano entrare per acquistare titoli con tassi di interesse più o meno tre volte superiori a quelli attuali. E poi uscire rapidament­e per realizzare il guadagno. Sopra quota 500, invece, intorno a 600-700, sarebbe il disastro totale. Ma non credo che si arriverà a tanto. Vedo dalle notizie che, mentre stiamo parlando (alle 16 americane, le 22 in Italia del 29 maggio, ndr), lo spread sta scendendo un po’. È bastato che Luigi Di Maio ritirasse la proposta di mettere sotto accusa il presidente Mattarella».

Soglia limite

Oltre i 500-600 punti di spread, l’italia non sarebbe più in grado di ottenere credito

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