«Siete il Paese delle crisi, il pericolo vero è il taglio del rating»
«Per gli investitori americani l’italia è il Paese delle crisi politiche. Certo questa volta può essere diverso, ma da tempo i fondi statunitensi stavano pensando di alleggerire le posizioni nel vostro Paese». Peter Cardillo, 72 anni, è un economista con 53 anni di esperienza a Wall Street. Da poche settimane ha assunto l’incarico di chief market economist alla Spartan Capital Securities di New York: «È una boutique finanziaria di intermediazione e investimenti in tutto il mondo».
Anche Wall Street ieri ha chiuso in rosso. La finanza americana è in apprensione per l’italia?
«In parte. Sulle quotazioni del listino sta pesando anche il rallentamento delle banche statunitensi. In effetti, però, la crisi politica italiana sta avendo degli effetti sui mercati. La preoccupazione di fondo è che l’instabilità possa rallentare la crescita nell’eurozona, che già non è così robusta».
Si aspettava questi sviluppi? La difficoltà di formare un governo dopo le elezioni?
«Negli ambienti finanziari americani l’italia è considerata il Paese delle crisi. Non è certo la prima volta e quindi non posso dire di essere particolarmente sorpreso. Certo, in questa occasione sembra diverso. C’è il rischio di uno scontro e di un corto circuito costituzionale. Però non credo che le prossime elezioni saranno davvero un referendum pro o contro l’euro. E non credo che l’italia corra il rischio di imboccare una discesa come quella della Grecia».
Ma allora perché anche i fondi, gli investitori americani stanno vendendo titoli di società italiane?
«Ho l’impressione che molti investitori abbiano approfittato di questa incertezza per alleggerire un po’ le posizioni sulla piazza italiana. Stavamo già entrando in un trend che penso ci porterà a una riduzione del 3-4%».
Cioè il valore sui mercati finanziari dell’azienda Italia, diciamo così, diminuirà mediamente del 3-4%?
«Sì, esatto. E questo in vista dell’estate, una stagione in cui la finanza, comunque, rallenta in modo fisiologico. Possiamo dire che il mercato americano si sta semplicemente allineando ai valori dei titoli azionari italiani espressi dalle altre Borse europee».
Ma qual è, allora, l’incognita più pericolosa, il rating delle agenzie specializzate?
«Certo, questo è il grande problema. Se Moody’s o Fitch dovessero tagliare il rating allora lo spread potrebbe balzare anche verso i 500-600 punti. Su quella soglia l’italia non sarebbe più in grado di ottenere credito dal mercato».
Quindi la soglia di allarme è spread a 500?
«Direi di sì. Fino a 300-400 la situazione può essere gestibile. Certo si metterebbe in moto la speculazione. È possibile che i Fondi americani possano entrare per acquistare titoli con tassi di interesse più o meno tre volte superiori a quelli attuali. E poi uscire rapidamente per realizzare il guadagno. Sopra quota 500, invece, intorno a 600-700, sarebbe il disastro totale. Ma non credo che si arriverà a tanto. Vedo dalle notizie che, mentre stiamo parlando (alle 16 americane, le 22 in Italia del 29 maggio, ndr), lo spread sta scendendo un po’. È bastato che Luigi Di Maio ritirasse la proposta di mettere sotto accusa il presidente Mattarella».
Soglia limite
Oltre i 500-600 punti di spread, l’italia non sarebbe più in grado di ottenere credito