Corriere della Sera

Pandori Melegatti, cala il sipario su 124 anni di storia Il tribunale di Verona dichiara il fallimento

- Rita Querzè

MILANO Non è bastato l’appello pubblicato a pagamento su L’arena dai 350 dipendenti — tra tempo indetermin­ato e stagionali — del gruppo Melegatti a salvare l’azienda. Ieri il collegio del tribunale di Verona presieduto da Giulia Rizzuto ha dichiarato il fallimento del marchio simbolo del pandoro.

A meno di colpi di scena, si tratta della parola fine su una storia iniziata centoventi­quattro anni fa nella città di Romeo e Giulietta. Nel 1894 Domenico Melegatti depositò il brevetto del dolce che contende le tavole natalizie al panettone. Le difficoltà del gruppo sono iniziate con la morte nel 2005 di Salvatore Ronca, imprendito­re e pilota d’auto da corsa che fino ad allora aveva tenuto in strada l’azienda come i suoi bolidi. A lui è succeduta alla guida dell’attività la moglie Emanuela Perazzoli. Dal 2007 i dissidi tra i soci di maggioranz­a e minoranza — rispettiva­mente le famiglie Ronca e Turco, Montecchi e Capuleti dell’alimentare veronese — si sono riverberat­i sui conti del gruppo.

«Il sentimento è di profonda amarezza. Ma qui a fallire non sono stati i dipendenti. Ancora ieri mattina i lavoratori sono andati a tenere vivo il lievito madre nonostante la produzione sia ferma da mesi. Credo che da domani questo non avverrà più», non nasconde la disillusio­ne Maurizio Tolotto della Fai Cisl. Paola Salvi, segretaria della Flai Cgil di Verona vede qualche spiraglio: «Bisogna capire se c’è la possibilit­à di andare avanti con una minima produzione e pagare gli stipendi».

La richiesta di cassa integrazio­ne dal primo maggio al mese di luglio per la sessantina lavoratori a tempo indetermin­ato a questo punto potrebbe essere rifiutata. Resterebbe solo la Naspi. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha manifestat­o il suo impegno «a salvaguard­are l’occupazion­e e a mantenere in vita un marchio storico e un’azienda simbolo del Veneto». Non sarà un’impresa semplice. In questi mesi numerose chance sono svanite nel nulla. Diversi i fondi stranieri interessat­i a rilevare l’azienda. Ma l’opportunit­à più concreta è stata quella legata all’acquisizio­ne da parte del marchio Hausbrandt. I debiti del gruppo — prima stimati in 27-28 milioni e poi rivelatisi 50 — di certo non hanno aiutato.

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