Beatrice, vita sul podio «Dirigo con il dialogo»
«Aiutare i musicisti a superare i propri limiti»
Che cos’è la leadership per un direttore? Innanzitutto essere se stessi. Non puoi salire su un podio e recitare un personaggio, magari serioso e grave: gli orchestrali si accorgono subito che è una maschera e non si fidano. E poi credere in quello che proponi: si deve essere pronti a dare le ragioni delle proprie posizioni». Non è scontato dirlo quando si hanno solo 28 anni e si è donna. Beatrice Venezi, nata a Lucca, cresciuta musicalmente all’accademia Chigiana e già un curriculum importante con esibizioni in Italia (Conservatorio di Milano e Pomeriggi Musicali) e all’estero (Sofia e Bolshoj) nonché guida stabile della Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli, per poter stare su quell’ambìto podio non ha potuto dar nulla per scontato: «Ho visto sguardi particolari, ma sono durati pochi istanti: quando si dirige conta solo se lo si fa bene o male, non se si è maschio o femmina».
Più determinante il fattore età: «Mi capita di trovarmi davanti a tanti musicisti di 50-60 anni, che magari hanno suonato un certo brano molte più volte di me. Qui diventa importante l’ascolto: sembra strano, ma anche in musica ci si ascolta poco. Sarà perché sono giovane, ma non posso concepire la leadership come una monarchia assoluta, alla Toscanini; io sono per il dialogo, metto in conto di poter imparare: ad esempio, io ho studiato pianoforte, conosco le arcate ma spesso le decido col primo violino della Scarlatti». Il direttore deve correggere: «Lo faccio se son convinta della mia idea; poi capita di arrabbiarsi se qualcuno tecnicamente non riesce a realizzarla, cerco di contenermi ma può capitare di avere discussioni anche accese. Però la filosofia generale è quella di aiutare i musicisti a superare i propri limiti: con un’orchestra giovanile, magari dispensando sorrisi e occhiolini quando stanno suonando un brano difficile, questo li rende sempre più convinti dei loro mezzi; con un’orchestra professionale che teme per un brano troppo veloce, facendo tempi più lenti in prova e aumentando impercettibilmente fino al concerto».
Essere leader vuol dire anche puntare al top: «Che per un direttore significa salire sui podi di Scala, Carnegie Hall di New York, Musiverein di Vienna o Mariisnkij di San Pietroburgo per guidare le loro meravigliose orchestre. Sì, sono anche i miei sogni».
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Un direttore donna? Ho visto sguardi particolari, ma sono durati poco
d Impegnarsi per un compagno senza nulla in cambio: così si fa gruppo
nove campionati nazionali, un Mondiale, un oro olimpico nel 1996 — e soprattutto perché, esattamente come il formidabile calciatore argentino, ha ottenuto tutto questo nonostante un fisico da uomo comune. Umano, troppo umano. La forza della normalità.
«Non sono mai stato un gigante, ma sapevo giocare con la testa» spiega lui. Il quale, dopo essere stato un fenomeno del waterpolo vincendo per anni anche in Italia, a Pescara, nel 2000 è uscito dalla vasca per intraprendere la