Il capo leghista rilancia: farò una proposta più forte perché nasca un governo
Prima il no al Movimento. In serata il leader sembra virare
ROMA La risposta che sembra chiudere la giornata numero 88 del travaglio per il governo arriva intorno alle 20.30. Ed è un no. Il no di Matteo Salvini al piano elaborato da Luigi Di Maio in accordo con il Quirinale: l’idea è quella di spostare l’uomo ombra della crisi, Paolo Savona, ad un altro dicastero che non sia il Mef, il ministero all’economia. Ma appunto, Salvini alle 20.30 pare non essere dell’avviso. «Perché dovremmo accettare che il ministro all’economia italiano sia scelto dalla Merkel?».
Due ore più tardi, qualcosa è cambiato: «Sto pensando — dice il segretario leghista — di realizzare una proposta di governo con Di Maio e magari anche con Giorgia Meloni che possa risultare ancora più forte di quella precedente». Certo, nei confronti del capo politico dei 5 Stelle c’è una nota sferzante: «Mi stupisce il cedimento di qualcuno sul nome di Savona, non capisco il cedimento ai ricatti di Angela Merkel». Poi, Salvini torna pacato: «Continuo ad avere una posizione assolutamente responsabile e dunque stiamo ragionando su un’altra ipotesi». Fermo restando che «qualunque decisione sarà presa nel rispetto delle competenze e della figura di Paolo Savona». E così, tornano in scena le ipotesi che parevano archiviate da qualche ora. Per esempio, lo «spacchettamento», la divisione del ministero all’economia in più deleghe.
In realtà, la risposta al piano per disinnescare la crisi sembrava di fatto già contenuta in un comunicato della Lega delle ore 13.39. È una nota di servizio contenente l’elenco degli appuntamenti di Salvini di oggi: nove comizi, dalle 9.30 di Bareggio alle 21 di Sondrio. Che seguono i cinque di ieri tra Toscana e Liguria. Insomma, Salvini è già in turbo campagna elettorale, lontano fisicamente dai travagli romani per la costruzione del governo, accolto in tutte le piazze — incluse quelle della Toscana che fu rossa — come il leader del nuovo.
In ogni caso, il colpevole della situazione, per i leghisti, c’è già e si chiama Sergio Mattarella. L’aver dribblato senza danno l’ipotesi di impeachment precipitosamente formulata da Di Maio non significa che il capo dello Stato non possa venire indicato come colui che ha detto no al «governo del cambiamento»: «Io spero ancora — ha detto ieri Salvini — che ci sia un governo che risponde al voto dei cittadini. Se così non fosse, Mattarella avrà fatto questa scelta...». E nel prossimo weekend, i gazebo leghisti proporranno l’elezione diretta del capo dello Stato. Incoraggiato da piazze e sondaggi, in assenza di governo politico Salvini punterebbe ad andare a elezioni almeno il 15 settembre. Una data che costringe alla presentazione delle liste elettorali in pieno agosto. Ma sa bene che il portare gli italiani alle urne in piena estate non sarebbe apprezzato da nessuno.
Il capo leghista neppure vuole avere troppo a che fare con la soluzione tecnica che potrà essere inventata dal Colle e dal premier incaricato Carlo Cottarelli per evitare che, appunto, le elezioni cadano a ridosso della grigliata di Ferragosto. In mattinata, Salvini ricorda di «avere provato tutto» per dare un governo agli italiani. Sottolinea di aver tentato «la strada con il centrodestra e poi con i 5 Stelle». E infine ostenta responsabilità: «A questo punto, non ostacoleremo soluzioni rapide per affrontare le emergenze, ma ridiamo la parola agli italiani il prima possibile».
Che cosa significa non ostacoleremo? L’ipotesi su cui si stava ancora ragionando è l’astensione. La controindicazione sarebbe l’avere il Movimento 5 Stelle all’opposizione. Tra l’altro, in Lega non manca la preoccupazione che sul nome di Cottarelli possa addirittura saldarsi un accordo tra Movimento 5 Stelle e Pd.
In vista delle elezioni, la corsa solitaria, senza le complicazioni di rimettere mano al centrodestra, è una sirena che canta melodiosa alle orecchie di Matteo Salvini. L’idea suggerita da alcuni leghisti è che il partito farebbe il pieno nei collegi uninominali del Nord, ne strapperebbe alcuni nel resto d’italia e grazie al proporzionale sarebbe pronto per una trattativa a mani libere con i 5 Stelle. Anche se i leghisti meno entusiasti di andare al voto ricordano che la corsa solitaria, con Silvio Berlusconi candidato e il cannoneggiare dei suoi media, non necessariamente si tradurrebbe in un en plein al Nord.
Lega e M5S giocano ancora a risiko sulla pelle dell’italia. Siamo allo scontro tra i loro interessi di partito alla faccia dei bisogni degli italiani Maurizio Martina, Partito democratico
Berlusconi è preoccupato e sconcertato per come si sta evolvendo questa crisi. Uno dei momenti più difficili della storia della Repubblica Mariastella Gelmini, Forza Italia
La strada del voto Incoraggiato da piazze e sondaggi, se non si trova un accordo, Salvini punterebbe ad andare a elezioni almeno il 15 settembre E non escluderebbe la corsa solitaria