PERCHÉ CRESCONO LE DIVERGENZE TRA GLI AUTORI DEL CONTRATTO
Il «contratto» del governo virtuale tra Movimento Cinque Stelle e Lega, formalmente, esiste e resiste. Di fatto, però, le mosse di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini stanno divergendo sempre di più. L’abilità e la spregiudicatezza con le quali il leader del Carroccio si è mosso nel dopo-elezioni hanno ridimensionato le ambizioni del capo del M5S, nonostante i molti voti in più ricevuti il 4 marzo scorso. E hanno acuito le preoccupazioni del Movimento nei confronti di un «alleato contrattuale» sottovalutato. Salvini, si dice sempre meno a bassa voce nella cerchia di Di Maio, ha usato la trattativa non per formare un governo ma per rendere inevitabili le elezioni anticipate.
Ieri lui stesso l’ha ammesso davanti ai suoi: «Ci sono tante considerazioni che si possono fare su questa strategia degli 85 giorni, e poi può essere che nella storia scopriremo che tutti ci hanno fregato. Ma io preferisco passare per brava persona e non per furbo». L’epilogo non è ancora scontato, sebbene la confusione e la sequela di incontri febbrili sembrino portare a quell’epilogo. Anche sulla data del possibile voto, M5S e Lega sono in conflitto. Il primo vorrebbe elezioni a fine luglio, puntando in realtà a recuperare in extremis un esecutivo Di Maio-salvini. Il Carroccio, invece, elenca le controindicazioni di urne in piena estate; meglio in autunno.
Non è un contrasto solo sui tempi. E nelle ultime ore è in atto un tentativo per imbrigliare Salvini; per togliergli motivi per chiedere le elezioni. Operazione non facile. Quando, prima di incontrare il capo dello Stato col quale sembra avere ritrovato il dialogo, Di Maio ha rilanciato il «governo politico», la replica di Salvini è stata gelida. «Non siamo mica al calcio-mercato», ha detto, accentuando i sospetti del M5S. Anche l’insistenza della Lega sul professor Paolo Savona, considerato anti euro, all’economia, e per questo bocciato da Mattarella, è vista da Di Maio come pretestuosa.
Ma cerca un compromesso, e propone di dirottare Savona su un ministero diverso, mentre altri del M5S hanno chiesto perché l’economista non faccia un passo indietro. Il leader del centrodestra per ora non cede. Dal suo punto di vista, piegarsi significherebbe accettare quello che considera un veto europeo. Assicura però che ne parlerà con Di Maio, perché l’hanno deciso insieme. Il risultato è che comunque, l’ipotesi di un patto elettorale tra i due «quasi vincitori» è tramontata: Di Maio ha già annunciato che i Cinque Stelle andranno da soli.